GAZA: LA PRIMA GUERRA CONGIUNTA USA-ISRAELE

di Gilbert Achcar

La guerra delle forze militari israeliane contro Gaza, dopo l’attacco di Hamas del 7 ottobre, è la prima guerra israeliana in cui Washington è cobelligerante. Gli Stati Uniti sostengono apertamente l’obiettivo proclamato della guerra e bloccano le richieste di cessate il fuoco alle Nazioni Unite – tutto questo fornendo armi e munizioni a Israele e agendo per dissuadere altri attori regionali dall’intervenire nel conflitto per aiutare Hamas.

Gli Stati Uniti non hanno dato sostegno militare a Israele al momento della sua creazione: all’inizio si sono presentati come un arbitro imparziale tra Israele e i suoi vicini arabi, ordinando un embargo sui pacchetti di armi a entrambi che è rimasto in vigore fino alla fine della presidenza di Dwight Eisenhower (1953-61). Nei primi anni, Israele dovette fare affidamento sulla Germania occidentale e sulla Francia per il finanziamento e l’armamento. La situazione cambiò quando John F. Kennedy, di fronte al nazionalismo arabo radicalizzato guidato dall’Egitto di Nasser e ai contraccolpi sull’influenza statunitense in Medio Oriente, decise di fare affidamento su Israele e iniziò a inviargli armi.

Questo fu l’inizio di una “relazione speciale” che si sarebbe rivelata davvero molto speciale: tra la sua creazione nel 1948 e l’inizio del 2023, Israele ha ricevuto più di 158 miliardi di dollari in aiuti statunitensi, tra cui più di 124 miliardi di dollari in aiuti militari, fatto che lo rende il più grande beneficiario cumulativo di fondi statunitensi dalla seconda guerra mondiale.

Ogni anno gli Stati Uniti forniscono a Israele aiuti militari per quasi 4 miliardi di dollari.

Eppure Washington non ha sostenuto apertamente la guerra di Israele contro i suoi vicini arabi nel 1967 (non ha potuto approvare l’invasione della Cisgiordania a spese della Giordania, un altro alleato). Durante la guerra dell’ottobre 1973, la “relazione speciale” si è tradotta in un trasporto aereo di armi verso Israele, ma con l’obiettivo di aiutarlo a contenere l’offensiva lanciata da Egitto e Siria. Una volta che Israele riuscì a riequilibrare la situazione a suo vantaggio, Washington esercitò una forte pressione su di esso per porre fine alle ostilità. Gli Stati Uniti non appoggiarono apertamente l’invasione israeliana del Libano nel 1982 e intervennero come mediatori per l’evacuazione dei combattenti dell’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP) a Beirut. Non ha nemmeno appoggiato la guerra lanciata da Israele contro il Libano nel 2006, né le successive offensive contro Gaza.

Questa volta, però, il sostegno degli Stati Uniti a Israele è stato esplicito e massiccio. All’indomani del 7 ottobre, Washington ha deciso di inviare nel Mediterraneo orientale due gruppi di portaerei da guerra statunitensi, guidati dalle portaerei USS Eisenhower e USS Ford, un’unità di intervento marittimo, un gruppo d’assalto anfibio guidato dalla USS Bataan nel Mar Nero e il sottomarino nucleare USS Florida, che trasporta missili da crociera. Allo stesso tempo, Washington ha allertato le sue basi aeree nella regione e ha consegnato urgentemente equipaggiamento militare a Israele, compresi i missili per il sistema di difesa aerea Iron Dome.

Washington ha così fornito una copertura regionale a Israele, in modo che potesse dedicare il grosso delle sue forze a una guerra contro Gaza il cui obiettivo dichiarato, fin dall’inizio, è stato lo sradicamento di Hamas. Gli Stati Uniti e altri Stati occidentali hanno sostenuto apertamente questo obiettivo. Il fatto è che lo sradicamento di un’organizzazione di massa che dal 2007 governa un piccolo territorio molto popolato non può avvenire senza un massacro di proporzioni genocide. Ciò è tanto più vero in quanto l’esercito israeliano aveva la chiara intenzione di ridurre al minimo le perdite nei propri ranghi durante l’invasione, che ha richiesto l’uso intensivo di attacchi a distanza, l’appiattimento delle aree urbane per evitare la guerriglia urbana e, quindi, la massimizzazione delle morti civili.

La responsabilità degli Stati Uniti in questo massacro include la fornitura a Israele di gran parte dei mezzi per commetterlo. A fine novembre, Washington aveva inviato all’alleato 57.000 proiettili d’artiglieria e 15.000 bombe, tra cui più di 5.400 BLU-117 e 100 bombe BLU-109 (“bunker buster”), che pesano 2000 libbre (quasi una tonnellata) ciascuna.

Il New York Times ha riportato lo stupore degli esperti militari per l’uso “disinvolto” da parte di Israele di queste bombe da 2.000 libbre, ognuna delle quali può spianare una torre alta diversi piani e che hanno contribuito a rendere la guerra di Israele contro Gaza un massacro di civili “ad un ritmo storico”. Al 25 dicembre, gli Stati Uniti avevano fornito a Israele 244 forniture di armi tramite aerei cargo, oltre a 20 spedizioni via nave.

Inoltre, il Guardian ha rivelato che Israele ha potuto attingere alla vasta riserva di armi statunitensi già “pre-posizionate” nel Paese.

Per finanziare tutto questo, il 20 ottobre l’amministrazione Biden ha presentato al Congresso una richiesta extra-bilancio di 105 miliardi di dollari, di cui 61,4 miliardi per l’Ucraina (46,3 miliardi in aiuti militari), 14,1 miliardi per Israele (13,9 miliardi in aiuti militari) e 13,6 miliardi per la lotta all’immigrazione clandestina al confine. Il Presidente degli Stati Uniti credeva di poter ottenere il via libera della destra repubblicana per l’Ucraina legando gli aiuti (un pomo della discordia) a cause a loro care – eppure, alla fine del 2023, Biden non era ancora riuscito a far approvare la sua richiesta. La destra repubblicana ha usato la strategia di Biden contro di lui chiedendo misure ancora più drastiche al confine, mettendolo in una posizione scomoda con il suo stesso partito.

Per fornire ai carri armati israeliani Merkava 45.000 proiettili d’artiglieria per 500 milioni di dollari, l’amministrazione Biden ha aggirato il Congresso approvando il 9 dicembre una misura d’emergenza, un pacchetto di 14.000 proiettili per 106,5 milioni di dollari.

Ha ripetuto questa manovra il 30 dicembre per 147,50 milioni di dollari, suscitando la rabbia dei democratici che chiedono maggiori controlli sui pacchetti di armi destinati a Israele. Per tutto questo, Biden è direttamente responsabile del massacro perpetrato dalle forze israeliane a Gaza. Le sue esortazioni a Israele di essere più “umanitario” suonano vuote e sono facilmente liquidate dai critici come ipocrisia. Il suo disaccordo con il primo ministro israeliano Binyamin Netanyahu sul piano per il giorno successivo alla guerra non cambia la responsabilità comune dei due governi per la guerra stessa.

Alla fine Biden – che durante la sua campagna presidenziale per il 2020 aveva promesso di invertire la rotta rispetto alla politica marcatamente pro-Israele del suo predecessore, in particolare riaprendo il consolato statunitense a Gerusalemme Est e l’ufficio dell’OLP a Washington – non ha fatto nulla di tutto ciò. Ha invece seguito le orme di Donald Trump, prima concentrandosi sull’incoraggiamento dell’Arabia Saudita a unirsi agli Stati arabi che hanno stabilito relazioni diplomatiche con Israele sotto l’egida di Trump, poi dando un sostegno incondizionato a Israele nella sua invasione di Gaza. Così facendo, è riuscito a far arrabbiare il suo stesso Partito Democratico – che oggi è più solidale con i palestinesi che con gli israeliani (34% a 31%), secondo un sondaggio pubblicato il 19 dicembre – senza soddisfare nemmeno i repubblicani. Alla fine, il 57% degli americani disapprova la gestione del conflitto da parte di Biden, secondo lo stesso sondaggio.

22 gennaio 2024

Traduzione Rproject

Le Monde diplomatique

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