PERSONALMENTE LO CHIAMO ANTISEMITISMO

di Michèle Sibony

Una seconda Nakba? Le responsabilità della “comunità internazionale”

Oggi, la posizione assunta dalla comunità internazionale, ossia delle potenze occidentali, dopo l’attacco di Hamas a Israele del 7 ottobre, offre al governo israeliano un ulteriore assegno in bianco in un momento cruciale. Sappiamo tutti qual è l’obiettivo del regime israeliano da molto tempo, chiaramente formulato e tradotto in azione in Cisgiordania negli ultimi mesi: il minor numero possibile di palestinesi sul maggior numero possibile di territori annessi, dal mare al fiume Giordano. In altre parole, una terra svuotata dei suoi abitanti palestinesi e aperta alla colonizzazione, una vera e propria “grande sostituzione” come la chiamano alcuni, altri parlano di colonialismo degli insediamenti e i palestinesi chiamano questo momento una seconda Nakba.

La richiesta israeliana di evacuare Gaza City (un milione di abitanti) verso sud deve essere vista in questo paradigma di espulsione verso l’Egitto (o genocidio). Le pressioni occidentali sull’Egitto affinché accetti di aprire un “corridoio umanitario” verso il Sinai confermano una visione condivisa con Israele. Ma non è forse giunto il momento di imporre un cessate il fuoco e di scambiare gli ostaggi ancora vivi con prigionieri palestinesi? Ostaggi che il regime israeliano ha chiaramente deciso di sacrificare, e questo è un primo passo importante. Il ruolo della comunità internazionale non è forse quello di aiutare a uscire dal caos piuttosto che perpetuarlo?

Quest’ultima ha accumulato responsabilità durante tutte le operazioni israeliane contro Gaza.

1° responsabilità: non aver mai accettato di tenere conto dei rapporti ONU sui crimini di guerra commessi contro la popolazione civile di Gaza da Israele, durante le operazioni “piombo fuso” nel 2009, e “margine di protezione” nel 2014, limitandosi ad esprimere riserve sulla «proporzionalità delle risposte israeliane» a quelle che considerava aggressioni di Hamas. Questo mantenimento dell’impunità e questo rifiuto di fermare le offensive israeliane attraverso la minaccia di sanzioni ha rafforzato tra gli israeliani, governo dopo governo, la certezza che non c’è limite a ciò che si può fare a Gaza, e che non esiste alcun rischio nell’esercitare li tutti gli eccessi possibile, a cominciare dall’uso di armi chimiche proibite come il fosforo bianco, ma anche l’uso di scudi umani, gli spari e i bombardamenti di aree molto densamente popolate… Ricordiamoci delle vanterie di Gantz nel riportare Gaza all’età della pietra dopo l’operazione Protective Edge nel 2014.

2° responsabilità: il mantenimento dell’assedio di questo territorio dal 2006, 17 anni! Non esercitando alcuna pressione su Israele affinché si fermi e limitandosi a inserire Hamas nella lista delle organizzazioni terroristiche, la comunità internazionale si è assunta la responsabilità di isolare e demonizzare questa intera enclave di 2 milioni e 300.000 abitanti, uomini, donne e bambini, lasciandoli senza altra scelta che la sopravvivenza e con una rabbia immensa per l’ingiustizia e la violenza inflitta loro, che cresce di giorno in giorno. Il costante silenzio di questa comunità internazionale sugli abusi commessi dai coloni e dall’esercito in Cisgiordania dimostra, inoltre, che non è in gioco solo Hamas e Gaza, ma che sta abbandonando tutti i palestinesi al loro destino.

Da queste due responsabilità ne deriva una terza: quella della “selvaggia” risposta israeliana all’attacco di Hamas.

La posizione adottata da questa comunità internazionale, invece di imporre la protezione di tutte le popolazioni interessate e la ricerca di una soluzione pacifica e giusta, ha permesso e incoraggiato l’attacco palestinese del 7 ottobre, e il sangue di tutte le vittime del conflitto tra Israele e Gaza è anche sulle sue mani.

Dovremo studiare (la storia lo dirà) cosa significa aver incoraggiato e sostenuto lo Stato ebraico a commettere tali crimini… Personalmente, lo chiamo antisemitismo.

Tratto da: www.ujfp.org

Unione Ebrei Francesi per la Pace

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