LAMPEDUSA: UNA STRATEGIA DELLA TENSIONE

di Fulvio Vassallo Paleologo

Guerra ai soccorsi umanitari e strategia della tensione a Lampedusa

1. La prima conseguenza del blocco delle navi umanitarie più grandi, con l’assegnazione di porti sempre più lontani per lo sbarco dei naufraghi, e quindi con diversi fermi amministrativi, sta comportando un incremento esponenziale degli arrivi in autonomia nelle acque o nel porto di Lampedusa, dopo settimane di maltempo, con la consegeunte esplosione di gravi tensioni nei punti di sbarco ed in tutta l’isola, a ridosso del centro Hotspot di Contrada Imbriacola. Dentro la struttura sarebbero alloggiati oltre 6000 migranti, donne e minori compresi, in una condizione di totale promiscuità, esposti agli elementi. Altri resterebbero bloccati sul molo Favaloro, dove la situazione rischia continuamente di degenerare. E gli arrivi continueranno perché si attende almeno una settimana di tempo favorevole, dopo le burrasche dei primi giorni di settembre, e le vittime che si sono contate fino a sabato scorso.

2. Il governo Meloni pensava di fare fuori le ONG con le prassi arbitrarie dei fermi amministrativi e dei porti di sbarco “vessatori” (persino Ancona e Livorno), e di ridurre poi le partenze dalla Libia e dalla Tunisia, donando altre motovedette al governo di Tripoli ed al premier tunisino Saied, dopo il “Memorandum di carta” firmato tra Tunisia e Unione europea ( a livello di sottosegretario al ministero degli esteri e di Delegato della Commissione UE per le relazioni esterne). Un Memorandum senza futuro, che ancora non è stato approvato dal Consiglio e che il Parlamento europeo sta duramente criticando, soprattutto dopo che Saied ha intensificato le prassi di espulsioni collettive nel deserto, verso la Libia, dopo avere incassato la legittimazione politica dalla Meloni e da Piantedosi.

Con la riduzione degli arrivi dalla Tunisia e dalla Libia, si pensava di potere avviare le “procedure accelerate in frontiera”, come nell’area industriale di Pozzallo-Modica, attuando il cd. Decreto Cutro (legge n.50 del 2023), trasformando gli Hotspot in centri di detenzione e creandone altri CPR (Centri per i rimpatri) in tutte le regioni italiane. Obiettivo propagandato, i “rimpatri veloci” verso i paesi di origine, dopo che era fallito l’originario disegno della Meloni e di Piantedosi che premevano sui traballanti vertici politici di Tripoli e di Tunisi perché accettassero la riammissione sui propri territori di migranti provenienti da paesi terzi, come coloro che erano partiti dall’Africa subsahariana o dal Bangladesh.

3. Se si sperava che gli accordi con regimi che non garantiscono i diritti umani, e neppure consentono la presentazione di una domanda di asilo, potessero ridurre il numero degli arrivi in Italia, quanto sta succedendo in questi giorni suggella il fallimento totale del governo, che come usa fare in tutte le situazioni in cui si trova in difficoltà, non trova altro rimedio che puntare sulla repressione, sugli arresti, sugli scudi e sui manganelli. Una politica che non potrà che creare una tensione altissima a Lampedusa, dove già nel 2011, quando al Viminale stava Roberto Maroni della Lega, le proteste erano uscite dal Centro di Contrada Imbriacola ed avevano infiammato tutta l’isola. Ma oggi vi è un nesso diretto tra il sovraffollamento e la tensione che si stanno creando a Lampedusa ed il blocco delle navi umanitarie che fino al 2017, fino al codice di condotta Minniti, operavano in sinergia della Guardia costiera italiana e, sotto il coordinamento del comando centrale di Roma (IMRCC), sbarcavano i naufraghi, trasbordati in alto mare dalle navi delle ONG, nei porti più vicini, in Sicilia ed in Calabria, a Palermo, a Trapani, a Porto Empedocle, a Pozzallo, a Siracusa (Augusta), a Catania, a Messina, e poi in Calabria a Reggio, a Crotone, a Roccella Ionica, insomma senza sovraccaricare Lampedusa.

4. Il governo italiano con le modifiche normative introdotte dal Decreto legge n.1 del 2023 ha creato una vera e propria trappola, che non è stata avvertita per tempo dalle ONG. Infatti con l’assegnazione di porti di sbarco sempre più lontani, (e con i ritardi nell’assunzione del coordinamento dei soccorsi in acque internazionali da parte di IMRCC, quando non è stato detto di rivolgersi ad autorità libiche o maltesi), sono aumentati i casi nei quali, durante l’avvicinamento della nave umanitaria ai porti imposti dal Viminale, si verificano altri eventi di soccorso che obbligano i comandanti delle navi ad intervenire. A totale discrezione delle autorità marittime italiane, l’assunzione del coordinamento dei soccorsi da parte di IMRCC di Roma, in alcuni casi costretto a coordinare anche al di fuori della zona SAR di competenza italiana, o il mero rimbalzo alle autorità libiche o maltesi, ha creato, sulla base, di scelte politiche ed elettorali, i presupposti per fare applicare dai prefetti, con una ulteriore sfera di discrezionalità, le sanzioni previste dal Decreto legge anti ONG n.1 del 2 gennaio 2023. Sanzioni amministrative sempre più gravi che adesso possono arrivare anche al sequestro ed alla confisca, indipendentemente dalla tutela del valore primario della vita umana in mare, a cui si attengono le Convenzioni internazionali e le scelte obbligate dei comandanti delle navi umanitarie. Questo mutato quadro normativo, di dubbia legittimità costituzionale, la distinzione strumentale tra “eventi migratori” ed attività di ricerca e salvataggio (SAR),e le prassi di polizia che ne sono seguite, oltre allo smantellamento del sistema di accoglienza, frutto dei decreti sicurezza imposti da Salvini nel 2018 e nel 2019, hanno prodotto la situazione esplosiva che oggi vediamo a Lampedusa. Eppure nel 2016 il sistema di acoglienza italiano garantiva oltre 180.000 posti e gli arrivi erano stati sullo stesso livello di quelli che si registreranno quest’anno.

Se le navi delle Organizzazioni non governative fossero ancora presenti numerose in acque internazionali, in assetto pari agli sforzi fatti da tanti cittadini solidali che si sono attivati per finanziarle, senza trasferimenti dilatori per centinaia di miglia, verso destinazioni di sbarco sempre più lontane, e se i mezzi della Guardia costiera, piuttosto che tentare inutilmente di effettuare trasferimenti da Lampedusa verso altri porti siciliani, come Porto Empedocle, fossero stati stabilmente impegnati in acque internazionali, per soccorsi immediati, la situazione nel centro dell’isola, e di riflesso a Porto Empedocle, non sarebbe degenerata al punto di infliggere trattamenti inumani e degradanti alle persone, molti i minori, trattenuti illegalmente per giorni e giorni all’interno della struttura. Come se non ci fossero mai state le condanne dell’Italia da parte della Corte europea dei diritti dell’Uomo, proprio per il trattenimento arbitrario di cittadini tunisini nell’hotspot dell’isola di Lampedusa.

Come avveniva dal 2014 (Operazione Mare Nostrum), fino al Memorandum d’intesa Gentiloni (2 febbraio 2017) con il solo governo di Tripoli, ed al Codice di condotta Minniti (agosto 2017), la presenza di 10 – 15 assetti navali di soccorso, militari e civili, nelle acque del Canale di Sicilia, permetteva alla Centrale operativa della Guardia costiera di Roma di effettuare soccorsi immediati e coordinati, e poi distribuire gli sbarchi in tutta sicurezza e con la massima tempestività, nei porti di Trapani, di Porto Empedocle, di Pozzallo, di Augusta (Siracusa), di Catania, di Messina, di Palermo, se non nei porti calabresi. E da questi porti partivano gli autobus per ritrasferire i naufraghi verso centri di accoglienza in tutta l’Italia. Ci sono i rapporti della Guardia costiera italiana degli anni dal 2014 fino al 2017, che lo confermano e dimostrano con dati inconfutabili che le crisi esplosive di Lampedusa, oggi, come nel 2011, ai tempi di Alfano, sono frutto di scelte politiche errate e non di emergenze prodotte da “flussi migratori” imprevedibili.

5. Sta partendo una gigantesca operazione di distrazione di massa da parte di chi nasconde i fallimenti degli accordi e dei memorandum firmati dai governi italiani. Gli arrivi o i soccorsi a Lampedusa ed i salvataggi di massa nelle acque internazionali del Mediterraneo centrale non sono in relazione a terremoti ed alluvioni, che non possono certo avere prodotto effetti anticipati. Anche i golpe in Niger e in Gabon non sono (ancora) causa di maggiori arrivi in Italia. La condizione di migranti forzati di chi raggiunge Lampedusa dipende da chi in Italia e in Europa ha fatto accordi con dittatori che promettono la “pulizia etnica” contro i subsahariani e guardie costiere, spesso colluse con i trafficanti, anche quando vantano un elevato numero di intercettazioni in alto mare.  Sono evidenti le responsabilità  internazionali ed interne, in Italia, anche di chi parla di Piano Mattei, di chi preclude il futuro ai giovani africani, senza contrastare corruzione e furto di risorse naturali che rimangono alla base di molti accordi bilaterali tra gli Stati europei ed i paesi di origine e transito. Senza il rispetto dei diritti fondamentali della persona, la collaborazione tra i paesi delle due sponde del Mediterraneo non ha futuro. Mentre si riaccende lo scontro nella maggioranza, è inutile incolpare l’Unione Europea, dopo che per nove mesi la Meloni e Piantedosi hanno vantato di avere imposto un “cambio di passo” nelle politiche migratorie dell’Unione, mentre in realtà hanno perseguito una linea di accordi bilaterali che non teneva conto dei rapporti con gli altri partners europei.

Adesso occorre aumentare i mezzi di soccorso in acque internazionali sospendendo la prassi dei fermi amministrativi e dei porti vessatori. Poi, se si vogliono aiutare i paesi colpiti da terremoti e alluvioni, ma anche quelli dilaniati da guerre civili alimentate dalla caccia alle risorse naturali di cui è ricca l’Africa, occorrono visti umanitari, evacuazione dei richiedenti asilo presenti in Libia e Tunisia, ma anche in Niger, e sospensione immediata di tutti gli accordi stipulati per bloccare i migranti in paesi dove le autorità statali e le milizie non garantiscono il rispetto dei diritti umani. Occorre una politica estera capace di mediare i conflitti e non di provocarli. Ma non saranno certo queste le scelte del governo Meloni, che continuerà a sfornare decreti sicurezza ed a rivolgersi contro i migranti con manganelli, scudi e filo spinato. Perché sia subito chiaro cosa li attende in Italia.

13 settembre 2023

Tratto da; www.a-dif.org

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