LE MENZOGNE DI UNA SINISTRA “NAZIONALE”

di Federico Simoni

Negli ultimi giorni, il dibattito politico in Italia è stato occupato in gran parte dalla vicenda della nave Sea Watch, con la forzatura del blocco imposto dal governo italiano dopo due settimane di stallo in mare. Alla centralità mediatica della vicenda sono corrisposte le prese di posizione – sui social, perlopiù – da parte di molti e più svariati: da chi ha paragonato la capitana Rackete ad Antigone, a chi reclamava che i naufraghi (raccolti in pieno Mediterraneo) fossero sbarcati… in Olanda. Voci critiche e di opposizione riguardo all’operato della ONG sono arrivate anche, e non per casi isolati, da singoli e gruppi politici che si vorrebbero progressisti, o, in certi casi, addirittura comunisti. Si tratta di una costellazione di gruppi che ha fatto propria da tempo una lettura del fenomeno migratorio come non solo prodotto, ma anche agente del capitalismo: fenomeno il quale produrrebbe, secondo costoro, dumping sociale nei paesi d’arrivo, “stress” eccessivo ad esempio alla vivibilità delle periferie (varianti, queste, per una sorta di immaginario della scarsità di risorse in patria, “non per tutti”, minacciate dall’esterno), business dell’immigrazione irregolare in patria e fuori. Ovvio corollario positivo degli attacchi alle ONG è la rivendicazione di una linea più dura contro gli sbarchi e l’immigrazione irregolare. Vari aspetti messi in evidenza da questa sinistra “nazionale” sono innegabili e, tuttavia, raccontano solo metà della verità. La quale rischia di trasformarsi così in una menzogna intera, se consideriamo meglio e più concretamente ciò di cui si parla. In primis, non si capisce come la restrizione dei diritti degli emigranti giovi a qualcosa in questo quadro. Come si può ignorare che è proprio privare gli emigranti di ogni diritto e togliere loro ogni via legale d’accesso che determina quella ricattabilità che crea le condizioni del traffico prima, dello sfruttamento poi? Come si fa a sostenere, dopo decenni di linea dura, che questa dissuada in misura significativa le partenze? I sostenitori di questa linea, tra cui rientrano anche quelli che “non sono per i porti aperti ma per il governo del fenomeno” – come se si potesse far a meno di soccorrere chi rischia la vita sui barconi, o come se oggi l’immigrazione non fosse soggetta ad un ben determinato governo – non sono per nulla turbati dal fatto che l’establishment occidentale nella sua interezza (da Obama a Trump, da Minniti a Meloni, solo per citarne alcuni) abbia praticato negli anni una vera e propria guerra agli emigranti. Né si arrossisce affermando al contempo che si debba intervenire sulle radici strutturali delle migrazioni, e che queste siano causate dai salvataggi in mare. (1)  Se si avesse veramente a cuore, come si predica, razzolando male, la sorte degli emigranti ed insieme la “sovranità” messa a repentaglio dai profughi – ma ritengo che l’evasione fiscale strutturale e l’occupazione militare americana facciano assai più in questo senso – ci si batterebbe per aprire canali sicuri e legalizzati di entrata. E non l’opposto, per criminalizzare in senso stretto chi offre un rimedio, di fatto vitale, per l’ipocrisia tutta imperialista dell’Occidente, vero invasore neocoloniale dell’Africa, e che nega soccorso alle vittime, due volte brutalizzate. Ipocrisia che è pronta a calunniare chi non muore in mare – si sa, gli sbarchi “fanno il gioco di Salvini” – dispensando la buona coscienza della sua fastidiosa presenza e scambia proverbialmente – vanto nazionale –  il dito per la Luna.

Certamente molti dei singoli e dei gruppi che hanno condannato l’operato delle ONG non sono tacciabili di essere leghisti, o addirittura fascisti. Ma chiunque esamini l’attuale ordine globale non può non notare che l’allineamento con Salvini si situa su un piano oggettivo che sopravanza quello soggettivo. Si tratta di fenomeni non nuovi la cui contezza dovrebbe essere pane quotidiano per chi avanzi una critica radicale della società capitalistica. In estrema sintesi: se viviamo in un regime di accumulazione imperialista globale, basato anche sull’ipersfruttamento delle risorse della periferia e della sua forza lavoro, il che causa il trasferimento coatto di una parte di questa nella metropoli, questo processo è attualmente governato dal capitale anche tramite un regime terroristico, post-democratico di negazione “soft” dei diritti civili di cui la legge Bossi Fini è l’emblema (non entri se non con un lavoro, il che equivale a: entri clandestino e vieni espulso se non convieni alle aziende). Poiché questo avviene in un contesto di peggioramento delle condizioni di vita e di lavoro dei subalterni, l’egemonia, ossia il consenso verso la classe sfruttatrice, è conservata e rinsaldata con la promessa di uno status privilegiato ai lavoratori bianchi ed una loro – sempre promessa – partecipazione ai profitti coloniali. Queste sono le condizioni della crescente influenza dell’estrema destra di governo. Parlare di difesa dei confini (da quale minaccia?) in questo quadro, strutturale ed egemonico, lo rafforza, se non ne è già componente. Probabilmente, di questi processi non abbiamo ancora visto gli ultimi esiti. Di certo, siamo più lontani che mai dalla riproposizione di un’alternativa credibile.(2)

NOTE

1) A parte il fatto che non tutti gli “irregolari” sono sbarcati dalle ONG, come mostrano i cospicui arrivi degli ultimi giorni a Lampedusa; la tesi della correlazione tra presenza delle ONG e partenze recentemente è stata smentita dalle statistiche. https://www.today.it/cronaca/ong-partenze-sbarchi-migranti. 

2) Si veda, ad esempio, l’accento posto da Cinzia Nachira sulle politiche dei governi in risposta al rientro prossimo dei foreign fighters, http://rproject.it/2019/03/siamo-tutti-e-tutte-a-rischio/ ; ma anche la previsione, secondo alcuni studi, che i profughi climatici raggiungeranno il miliardo a metà del secolo https://www.ilsole24ore.com/art/cosi-2050-civilta-umana-collassera-il-climate-change

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