VERSO VIALE BURGHIBA

di Souad Labbize

Souad Labbize è una poetessa, scrittrice e traduttrice dall’arabo al francese. Prima di stabilirsi a Tolosa, ha vissuto in Algeria, inTunisia e in Germania. Femminista, le sue opere rispecchiano gli eventi  che lei e la sua generazione hanno attraversato e le idee che le hanno sostenute. ” Glisser nue sur la rampe du temps”, un racconto in frammenti, è il primo titolo di un trittico su delle donne che recuperano la loro voce, la loro forza e il loro potere rubati dal colonialismo, dal patriarcato o dalla precarietà. 

Da questa opera, edita da “Editions Blast”, è tratto il testo che pubblichiamo con la gentile autorizzazione dell’autrice che ringraziamo.

VERSO VIALE BURGHIBA

Matrioska

Ogni bambola

Ne nasconde un’altra

La più piccola

Nasconde il segreto

Di tutte le altre

La vettura ha sbandato, la mia vicina si è avvicinata al mio posto, ha messo una mano sulla bocca, con l’altra si è aggrappata al mio ginocchio. L’autista clandestino si è assopito per qualche secondo, le nostre grida lo hanno svegliato, si è ripreso. Attraversiamo Oum Tboul all’alba. L’attesa a Melloula è lunga, interminabile, i doganieri sono nervosi. I poliziotti sono più numerosi del solito, ci sono dei cani, pastori tedeschi. Sono due femmine. L’autista ci ha piazzati in fondo. Taccio, sento l’alcol. La vicina mi offre dei dolci. Sono confusa, non ho nulla da offrire. Li accetto per mascherare l’alito, un montécao un corno di gazzella. Mi torna la nausea, fisso la strada rischiarata dai fari. Ho fretta di arrivare, di scendere da questa macchina.

– Algerina?

– Sì.

– Vai a Tunisi?

– Sì.

Nessuna voglia di parlare, faccio finta di sonnecchiare. Ieri tutto mi sembrava possibile, senza dubbio per l’euforia del vino e del whisky, non avrei dovuto mischiarli. Ho paura di mancare l’appuntamento alla clinica. Rym di Facebook ha sistemato tutto per me, lei è adorabile, non so come ringraziarla. Questa sera sarà finito, finalmente. Non avrò più le nausee, me ne sarò liberata. L’aborto è permesso in Tunisia, non c’è bisogno del visto, inutile andare in Francia, laggiù non conosco nessuno, i miei contatti sono in Tunisia o in Egitto. Ho un cd di NaÏma per Rym, eccellente per le serate. Lei adora la nostra musica. Credo che sua madre sia algerina. Quanto a me, io amo la Tunisia, le feste miste, la spiaggia. L’autista rallenta, una macchina lo avvisa con i fari, i gendarmi sono vicini, bisogna andare piano. Alla curva, militari in tenuta da combattimento, mezzi dell’esercito, pastori tedeschi. Dei cani abbaiano, ci seguono. Il clandestino ci rassicura:

– Sono solo cani arabi, sono inoffensivi!

In Tunisia, i cani bastardi si chiamano cani arabi. I cani di razza, cani souri (siriani), conformemente alle due grandi categorie che contrappongono il tradizionale e il moderno, i locali lo hanno importato. Questa distinzione esiste fin da quando il governo ha introdotto dei cooperanti siriani dall’aspetto occidentale nell’amministrazione tunisina. La popolazione era colpita di sentire degli orientali parlare correntemente francese.

Il giorno avanza, non amo l’inverno e le sue brume, dei vapori si alzano dai campi lungo la strada. Non riesco a cogliere tutto dei discorsi tra i viaggiatori e l’autista. I passeggeri sono tunisini, parlano di morti, di feriti, di funerali. La mia vicina è triste, deplora tutta questa violenza che non è tunisina, ha il tono vacanziero. Kélibia mi manca, la Piccola Parigi, la spiaggia bianca, il profumo delle triglie fritte. Una macchina segnala con i fari. L’autista rallenta, abbassa il finestrino, l’altro grida:

– Il Viale è stracolmo di gente, Allah youstour (1), va a finire male!

La situazione è esplosiva, è la guerra. Gli uomini ricevono sms, ne inviano, la vicina mangia un sandwich, l’odore di fritto mi disgusta. Ieri ZABA ha fatto il terzo discorso alla televisione. Ha promesso di riaprire Youtoube e Dailymotion, di liberare internet, tutti i siti. Incredibile! Da noi, Boutef non ha detto nulla malgrado chi si è dato fuoco, gli scontri. Gli algerini su Faceebook parlano di tchipa (2) e hogra (3), di inflazione. Al Jazeera non è più autorizzata a coprire ciò che accade in Tunisia. Ho le nausee, spero di non vomitare qui. Metto gli auricolari per distrarmi un poco, la voce di Fairouz mi ricorda i fine serata festivi, quando tutti sono stanchi. Arriva un messaggio: Una manifestazione si prepara sul Viale. La mia vicina spiega:

– Viale Burghiba, nel centro città, la statua di Ibn Khaldoun, il ministero dell’Interno, vedi dov’è?

Non rispondo, le nausee me lo impediscono. La vicina alza le spalle, la rassicuro con un gesto, capisce che non posso parlare per la strada, sto male, non avrei dovuto mangiare i dolcetti. L’autista continua:

– Dopo la preghiera del venerdì usciranno i cortei dei martiri, saranno guai, che Allah ci protegga!

Fairouz tace. Mi prende l’angoscia, suona un messaggio di Rym: “Dove sei? Quando arrivi?” Siamo vicino a Séjoumi, il monumento ai caduti. I fenicotteri sono là, indifferenti ma maestosi, mi sento meglio, l’autista ha rallentato, il traffico è intenso. Militari, poliziotti, carri armati, sirene. Auto bruciate, gruppi di persone vanno di corsa verso il centro. I venditori sono spariti dalle strade, generalmente ci sono bambini che propongono focaccia tabouna (4) o uova fresche. Arriva un SMS: “Dove sei? Io sono vicino alla libreria Kitab”. L’autista ci lascia lontano dalla stazione dei noleggi. Le saracinesche dei negozi sono chiuse, la folla è numerosa, canta slogan che non capisco. Dov’è Rym? Come trovarla? Una ragazza sulle spalle di un ragazzo indossa il Fez, cantano l’inno nazionale. Ibn Khaldoun presta la sua statua ai manifestanti che richiamano le persone lontane. La Cattedrale è chiusa, l’ambasciata di Francia anche. Un SMS di Rym, la batteria è scarica, cosa mi succederà? Non ho più le nausee, ma le lacrime incombono. Cosa sarà di me, dove ritrovare Rym di Facebook? La devo ritrovare, qui non conosco nessuno. Non piango, non piango. La libreria El Kitab, finalmente! Un’onda venuta dal fondo, le mani in alto fanno lo stesso segno nella stessa direzione contro il ministero dell’Interno: vattene vattene vattene! Non sono arrabbiati, sento prepararsi una festa contenuta, ho voglia di piangere, cosa mi accadrà se non ritrovo Rym? Devo ricaricare la batteria del telefono, ecco. Manifestano in francese, come gli algerini!

Vattene!

Una mano mi afferra:

– Manifestiamo con i tunisini?

Rym è là, superba, il rosso delle sue labbra è eclatante, si sente bene, sorride! Mi stringe forte, mi abbraccia, le lacrime riescono a scapparmi, mi sento stanca, ma rassicurata. Non sono più sola. Domani andremo alla clinica. Il mio alito sa di corna di gazzella. Domani? È sabato, da loro è fine settimana. Cosa succederà? Ho fatto tutta questa strada per niente?

– Non preoccuparti, l’amico ginecologo, manifesta anche lui. Domani ti porterò, domani 15 gennaio tutto questo sarà finito, non preoccuparti, sarà rapido, non sentirai niente…

Vattene, vattene, vattene!

NOTE

1) Dio ci salvi
2) Termine preso in prestito dal francese derivato dalla parola chiper (rubare); tangente
3) Ingiustizia
4) Pane contadino cotto in forno interrato

 

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