PER NON CONSIDERARE NORMALE L’ARBITRIO

di Domenico Gallo

Magistrato della corte di Cassazione e giurista del Coordinamento nazionale per la democrazia costituzionale è stato Senatore nella XII Legislatura.

R/Project: I porti italiani sono aperti o chiusi?

D.Gallo I porti italiani sono sempre aperti e non possono essere chiusi. L’ha spiegato anche l’ex procuratore di Torino, Armando Spataro, in un articolo pubblicato da La Repubblica sabato scorso. Il problema qual è? È che quando si fa un soccorso in mare c’è la priorità di indicare il posto dove sbarcare  perché bisogna organizzare una serie di servizi sanitari, d’accoglienza, ecc. L’autorità che deve decidere è il ministro dell’Interno, con il Dipartimento delle libertà civili e immigrazione. Se quella autorità non indica il posto dove sbarcare, la nave non può sbarcare le persone che sono a bordo, ma questa è una violazione dei doveri d’ufficio.

Infatti, il Tribunale dei Ministri di Catania ha chiesto il rinvio a giudizio del ministro degli Interni esattamente per questa omissione: non avere indicato il posto dove sbarcare e non aver consentito lo sbarco delle persone recuperate in mare dai militari italiani che si trovavano a bordo della nave Diciotti.

R/P Questo vale anche per ciò che sta avvenendo in queste ore?

D.G. Certo, perché ci troviamo di fronte allo stesso comportamento, con l’unica differenza che queste persone non si trovano a bordo di una nave della Guardia Costiera italiana ma su una nave privata che incrocia nel Mediterraneo per conto di una ONG. Però nulla cambia: l’obbligo di soccorso in mare è fissato da convenzioni internazionali a cui l’Italia ha aderito e che sono una fonte normativa sovraordinata alle leggi ordinarie, che certamente non può essere derogata da atti amministrativi o dalla contraria volontà politica. Questo è assolutamente inconcepibile.

R/P Quindi, secondo quanto lei dice, Matteo Salvini impedendo lo sbarco sta omettendo un atto amministrativo?

D.G. Certo, siamo in presenza di un atto amministrativo non scritto, anzi più che un atto è un omissione: non indicando dove deve avvenire lo sbarco, non autorizzandolo, il Ministro omette un atto del suo ufficio; cosa che non può fare perché il soccorso in mare è un obbligo internazionale e che deriva anche dalle leggi nazionali. Il soccorso in mare ha due facce: da un lato, la nave, che si trova in condizione di farlo, deve recuperare le persone in difficoltà in mare, dall’altro lato occorre provvedere allo sbarco dei naufraghi. Non ci può essere salvataggio in mare se poi non c’è lo sbarco. Non si può salvare un naufrago e farlo sbarcare su Marte.

Quindi, il salvataggio e lo sbarco sono due facce della stessa medaglia: se si impedisce lo sbarco si impedisce il salvataggio e si diventa responsabili di quello che succede. Dell’incremento delle morti che ci sono nel Mediterraneo, come viene segnalato dalle organizzazioni internazionali – in particolare, dall’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM) dell’ONU, che recentemente ha detto che dall’inizio dell’anno ci sono stati oltre duecento morti annegati.

I salvati dalla Sea Watch 3 sono quarantasette, ma il salvataggio non può essere lasciato a metà. Dal salvataggio deriva l’obbligo di accogliere queste persone in un posto sicuro, dove i loro diritti non sono messi in pericolo. Questo posto sicuro non è la Libia. Per cui quando il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, si è vantato di aver salvato un centinaio di migranti che stavano affondando su un barcone alla deriva, convincendo la Libia a intervenire per riportarli indietro, non ha salvato nessuno. Anzi, a questo punto volente o nolente, diventerà concorrente dei reati che verranno commessi a danno di queste persone una volte riportate nei lager libici.

R/P Ma quindi visto che non si può negare l’approdo e lo sbarco, siamo di fronte ad una guerra contro le ONG? Cinquanta profughi sono arrivati sulle coste calabresi, qualche settimana fa, e sono stati soccorsi e accolti dalla popolazione di Melissa, Sindaco in testa. Per cui se a salvare sono le ONG apriti cielo, altrimenti se i profughi arrivano con mezzi diversi sulle nostre coste, le autorità italiane non li possono bloccare. Secondo lei perché il Governo italiano ha dichiarato guerra alle ONG?

D.G. Perché le ONG intervengono laddove fallisce la traversata dei migranti che cercano di attraversare il Mediterraneo, mentre se questa non fallisce e quindi l’imbarcazione di fortuna riesce ad arrivare in Italia non la si può respingere in alto mare e quindi non si può far altro che farli sbarcare. Nessuno glielo può impedire e d’altro canto le leggi sull’immigrazione prevedono l’accesso per il soccorso e perché chi ha diritto di presentare la domanda di asilo deve essere messo in condizioni di farlo, i minori non possono essere respinti in nessun caso – questo lo prevedono la legge e le convenzioni internazionali. Queste persone sbarcano e la legge prevede che debbano essere accolte e in un secondo momento si deciderà sul loro destino: restare o no in Italia, essere o no rimpatriate. Non c’è dubbio che chi arriva dal mare, profugo, deve essere accolto. Se si pongono ostacoli all’accoglienza, se l’ostacolo viene da un Ministro, è un reato ministeriale.

R/P La richiesta del Tribunale dei Ministri di Catania di rinvio a giudizio per Matteo Salvini che contraddice la richiesta di archiviazione della procura della stessa città, secondo lei, è una decisione che coglie l’arbitrio che fin qui lei ha descritto?

D.G. Il Tribunale dei Ministri di Catania – che è un organo straordinario e svolge una funzione, come se fosse un procuratore della Repubblica – ha valutato, giustamente, che si tratta di reato ministeriale perchè commesso nell’esercizio o a causa delle funzioni ministeriali, osservando che i giudici non possono svolgere delle considerazioni di natura politica. Ossia, non possono valutare se quel tipo di comportamento che astrattamente viola la legge si possa giustificare o meno con ragioni politiche. Questo perché la legge costituzionale che ha introdotto la nuova disciplina del reato ministeriale, prevede che questa valutazione politica debba essere fatta dal Parlamento. Il Senato o la Camera, investiti della richiesta di procedere per un reato ministeriale, possono stabilire che non si proceda laddove valutino che il Ministro ha agito per un superiore interesse pubblico e che questo consenta di sacrificare gli altri beni giuridici. Questa considerazione squisitamente politica è assegnata dalla Costituzione al Parlamento.

Credo che l’errore della procura di Catania che ha chiesto l’archiviazione del procedimento, consista nel fatto che questa valutazione politica è stata anticipata dal procuratore della Repubblica perché sostiene che si tratti di un atto che rientra nell’ambito delle funzioni politiche, ecc., per cui i giudici non dovrebbero sindacarlo. Invece no, questa valutazione politica non spetta all’autorità giudiziaria che non deve fare politica, ma ha il compito di tutelare i beni giuridici protetti dalle norme civili e penali senza guardare in faccia a nessuno. Per Costituzione spetterà alle Camere valutare se c’è una causa di giustificazione a comportamenti astrattamente e concretamente illegali.

R/P Secondo lei, quando Matteo Salvini sostiene di aver applicato l’articolo 52 della Costituzione (la difesa della patria), dice una cosa sensata oppure no?

D.G. Dice una cosa abnorme, come se, in altre epoche qualcuno avesse detto che gli ebrei si internavano per difendere la patria… Questo è il livello di abnormità!

Non si tratta in questi casi di una banda armata che cerca di penetrare nel territorio italiano, ma di profughi salvati dall’annegamento in mare, quindi persone debolissime che hanno bisogno di soccorso e questo signore impedendolo favorisce l’annegamento.

R/P Questi atti di Matteo Salvini, finora hanno visto una opposizione sociale, a volte importante, ma non determinante. Per ora è molto in uso la denuncia legale e giuridica. Secondo lei, questo è sufficiente ad arginare, almeno, la deriva italiana?

D.G. È chiaro che ci vorrebbe dell’altro, però è importante che laddove si commettono degli atti di abuso e violazioni di diritti intervenga l’organo che deve tutelare questi stessi diritti. Quindi l’intervento giudiziario è insuperabile e anzi c’è il rischio che lo spirito dei tempi cerchi di addomesticare la funzione giudiziaria, piegandola alle esigenze della politica. A questo noi dobbiamo opporci in modo assoluto, perché tutti i giudici giurano fedeltà alla Costituzione e quindi dobbiamo aspettarci che questa funzione di controllo di legalità venga svolta in assoluta indipendenza e fedeltà ai valori costituzionali.

Altro è il problema politico, è che chiaro che ci vuole una politica che denunci gli effetti perversi di queste scelte, diciamo così, populistiche.

Perché qui ci troviamo di fronte a una politica già sperimentata in altre epoche storiche che costruisce dei capri espiatori proponendo le persone appartenenti a determinati gruppi sociali come dei nemici pubblici sui quali scaricare le insoddisfazioni e il senso di insicurezza della gente, indicandoli come la causa di tutti i mali del popolo. Bisogna reagire con un altra politica che metta in evidenza gli effetti concreti di queste misure. In Italia ci sono cinque milioni di persone che non sono originarie del nostro Paese, di stranieri, e le politiche che si attuano fanno crescere la quota di popolazione straniera in condizioni di irregolarità; questo mette in discussione la convivenza pacifica perché ci troveremo a convivere con una popolazione di persone del tutto prive di diritti, perché non possono lavorare, non possono procurarsi i mezzi di sostentamento, non possono avere una casa, non possono avere la residenza. In queste condizioni, la convivenza con gli “italiani” diventa difficile, né è possibile eliminare il problema attraverso i rimpatri, visto che non è assolutamente possibile allontanare  cinquecentomila, settecentomila o un milione di persone riportandole nei luoghi di origine.

R/P Sulla grande stampa, alcuni sostengono che la richiesta di rinvio a giudizio sarebbe, seppure involontariamente, un regalo a Matteo Salvini. Cosa ne pensa?

D.G. Indubbiamente loro la useranno anche a fini propagandistici, ma sarebbe molto più grave se, invece, i comportamenti arbitrari di coloro che esercitano i poteri pubblici fossero lasciati incensurati, perché questo creerebbe anche una sorta di diseducazione pubblica, saremmo indotti a considerare normale l’arbitrio.

R/P In queste settimane c’è anche la questione del “decreto sulla legittima difesa”. Visto l’aumento in questi tempi recenti degli atti di violenza razzista e non solo – basti pensare agli omicidi in ambito famigliare di cui sono vittime tante donne – e l’ampliamento della possibilità di procurarsi armi a uso privato, dove andremo a finire? In una situazione sempre più simile a quella degli Stati Uniti?

D.G. Mi sembra che esista un’indagine statistica che dimostra che siamo diventati un Paese fortemente rancoroso, in cui i legami sociali sono molto sfaldati, con un clima di  lotta di tutti contro tutti. In effetti questa normativa sulla legittima difesa è in un certo senso una cosa irrilevante perché non può nemmeno avere l’effetto che vuole raggiungere. Basti pensare ai Vopos, quelli che sparavano a chi cercava di saltare il Muro di Berlino. Alla fine, i capi politici sono stati processati per omicidio o per istigazione all’omicidio. La Corte Europea dei Diritti dell’uomo ha detto che i processi erano legittimi perché comunque non può essere autorizzato mai l’omicidio, checché ne dicano le norme amministrative, regolamentari, ecc.

L’omicidio era previsto nel codice penale della DDR (l’Ex Germania dell’Est, NdC), come è previsto in quello italiano, per cui uno ci può ricamare sopra, ma l’autorità giudiziaria dovrà fare sempre delle indagini e quindi l’effetto di impunità promesso da questa riforma è molto relativo. Però è da censurare l’effetto, diciamo così, psicologico e culturale che produce tutta questa campagna pubblicitaria che si fa su questa legge inutile, perché induce la gente ad armarsi. Questo è la conseguenza veramente negativa perché in un certo senso indica un modo di essere, incide sulla cultura e sul costume. L’indirizzo che dà questa legge è: armatevi. Ora, armarsi provoca l’aumento della violenza, parliamoci chiaro, non la sua diminuzione.

Ossia, tutto il contrario di quello che uno Stato dovrebbe fare per assicurare la sicurezza dei propri cittadini.

R/P Tornando alla Sea Watch 3, come finirà secondo lei?

D.G. Credo che la vicenda della Sea Watch, visto l’atteggiamento delle autorità politiche, si potrà risolvere solo con l’intervento della autorità giudiziaria, tanto in sede civile quanto in quella penale. Quindi, prima o poi ci sarà un giudice che ordinerà lo sbarco. Oppure, le autorità politiche autorizzeranno lo sbarco un secondo prima che intervenga il giudice.

La procura dei Minori di Catania ha già ordinato lo sbarco dei minori e prima o poi lo imporrà, se non viene eseguito.

Mi pare che nella vicenda Diciotti, qualcuno alla fine ordinò lo sbarco dei minori, nel pomeriggio del 25 agosto 2018 e qualche ora dopo il ministero dell’interno dispose che dovevano sbarcare tutti. Ossia, colse l’occasione e fece scendere tutti.

Lo stesso accordo con la CEI, era un alibi delle autorità politiche, perché c’è l’obbligo di far sbarcare  e di soccorrere. Poi, si sviluppa il soccorso è un passaggio successivo e ci si può appoggiare alla CEI, alla Caritas o ad altri, insomma, però c’è l’obbligo di sbarco, soccorso e assistenza.

Intervista condotta da Cinzia Nachira

  

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