GRECIA: ILLUSIONI E SCIVOLATE

Charles-André Udry, nel presentare l’intervista rilasciata dal ministro della Ricostruzione produttiva, dell’ambiente e dell’energia, Panagiotis Lafazanis, esponente della Corrente di sinistra di Syriza, ha tracciato un quadro severo dell’operato del governo Tsipras e delle sue contraddizioni.  Tratto da: www.antoniomscato.altervista.org

Grecia. Le scadenze si avvicinano. Il programma e l’azione

L’intervista del Ministro della Ricostruzione produttiva, dell’ambiente e dell’energia, Panagiotis Lafazanis, un esponente della Corrente di sinistra di Syriza, – una corrente poco strutturata ed eterogenea – traduce la distanza tra convinzioni effettive di Lafazanis e gli orientamenti di un governo che rappresenta una somma di «punti di vista» più che una struttura con un’agenda chiara e precisa. E che non cessa di piegarsi, un passo dopo l’altro, di fronte all’Unione europea (UE). Certo con esitazioni e soprassalti di vari ministri e dello stesso Tsipras, almeno nelle sue dichiarazioni nelle istanze di Syriza.

In pratica, il governo Tsipras – di fatto un governo di coalizione – mette i vasti settori della popolazione greca che ancora lo sostengono, in una posizione di completa passività politica: a giorni alterni attendono i «risultati» di una riunione a Berlino, a Mosca, a Pechino, a Bruxelles…

Come dir loro: aspettate che si trovi una soluzione, magari «facendo i guastafeste» sul piano geopolitico. Il che è una totale e pericolosa illusione, che fa rinascere i fantasmi del nazionalismo che agiscono come spiriti dei defunti nei riflessi profondi di ex stalinisti.

Al contrario, questo governo – o Syriza – dovrebbe chiamare la popolazione a scendere in piazza su una rivendicazione semplice: per assicurare cure mediche a tutte/i, non pagheremo gli interessi sul debito. Non è negoziabile. E facciamo appello a quanti in Spagna, in Portogallo, in Francia … sanno che cosa significa.

Facciamo appello anche ai medici greci che lavorano in Svizzera, in Austria, in Germania, a costruire una solidarietà concreta. Facciamo appello alla rete sindacale europea – sia pure minoritaria – attiva in questo campo. Senza un orientamento come questo, la passività, coltivata nei fatti, si trasformerà in disillusione. Senza un orientamento come questo, il campo sarà lasciato libero ai dibattiti sull’euro o sull’audit – certamente necessario – del debito, che però richiede mesi.

Le scadenze sono ora vicine, nelle prossime settimane. E ogni volta si ripeterà il ciclo: rischio di bancarotta, negoziati, lista delle riforme proposte dal governo greco (le analizzeremo in un articolo), rinnovata attesa di negoziati, ecc.

Per valutare la portata delle scadenze, basta avere presenti le scadenze ufficiali in vista:

1a– 9 aprile: 450 milioni al FMI

2a– 14 aprile: 1,4 miliardi di obbligazioni che arrivano a scadenza, 750 milioni dei quali, secondo le stime, dovuti a stranieri.

3a– 15 aprile: riunione della BCE e controllo sui fondi liberati dalla ELA (Emergency liquidity assistance / liquidità di emergenza).

4a– 17 aprile: 1 miliardo di obbligazioni che arrivano a scadenza presso detentori nazionali.

5a – 17 aprile: riunione di primavera del FMI.

6a– 24 aprile: riunione dell’Eurogruppo (ministri delle Finanze) a Riga.

7a– 1° maggio: 200 milioni da rimborsare al FMI

8a – 8 maggio: 1,4 miliardi di Buoni del Tesoro (a corto termine) con una parte in possesso di stranieri, emessi l’11 novembre 2014.

9a – 11 maggio: nuova riunione dei ministri delle Finanze (Eurogruppo).

10a – 12 maggio, 760 milioni al FMI.

11a – 15 maggio: 1,4 miliardi di Buoni del Tesoro che arrivano a scadenza, emessi il 13 febbraio 2015, quindi in possesso (probabilmente) di nazionali.

Il governo continuerà a «battersi» su questo terreno? O sceglierà di non pagare più gli interessi sul debito e alcune somme, in contropartita di spese urgenti per la sanità, le pensioni, i salari, l’istruzione, e del rifiuto di alcune privatizzazioni? Le decine di migliaia di medici, infermiere/i, di specialisti che hanno dovuto lasciare la Grecia rappresentano già milioni e milioni di euro di debito pagato. Quanto è costata la loro formazione alle «finanze pubbliche» greche, alimentate per più del 90% dalle imposte de/i/lle salariat/i/e?

In una tale situazione, non bisogna solo essere fedeli a un programma, bisogna applicarne, senza esitazioni, alcuni punti essenziali. E mobilitare la popolazione – in un orientamento di fronte unico che la sinistra di Syriza, in senso ampio, deve costruire in un arco di tempo di qualche settimana – chiamarla a scendere in piazza, perché sarà sentita in Europa. È questa «instabilità sociale» che i «dominanti» europei temono. E non un «dibattito sul Grexit». (Charles-André Udry)

 

Il testo dell’intervista a Lafazanis

Niki Zormpas: Che retrogusto le dà la visita del primo ministro a Berlino?

Panagiotis Lafazanis: L’incontro tra Alexis Tsipras e Angela Merkel a Berlino doveva esserci, ed è positivo che da parte greca si siano potuti sottolineare certi problemi cruciali per la Grecia in un colloquio diretto. Al di là di questo però, penso che la Germania ufficiale non modificherà la sua strategia. Direi che è piuttosto il contrario. Oggi è ancora più evidente per me che la via per portare il paese fuori dalla crisi passa per un duro confronto, se non uno scontro, con l’Europa germanizzata. L’attuale classe dirigente tedesca, malgrado le sue differenze interne, è la cosa più devastante per la Grecia, e più in generale per tutto il continente europeo. Prima ci si impegna in questa direzione meglio sarà. Poiché non c’è tempo. Non abbiamo tempo.

È più o meno preoccupato dopo che tra la Grecia e la Germania il ghiaccio è stato «rotto»?

Molto deve essere fatto dalla parte tedesca prima che si possa parlare seriamente di «scioglimento» del ghiaccio tra la Grecia e la Germania di Merkel e di Schäuble. La Grecia è a un punto di rottura. Oggi al paese sono richieste, con urgenza e senza indugio, scelte coraggiose e importanti, delle alternative all’Europa germanizzata. L’UE germanizzata è al servizio delle classi dominanti e soffoca letteralmente il nostro paese, stringendo il cappio intorno al collo dell’economia una settimana dopo l’altra.

Ha un’idea delle «riforme» che la Grecia presenterà alle «istituzioni» lunedì 30 marzo? Come le valuta?

In questo momento il governo prepara la «lista» destinata ai nostri «partner». È un processo molto doloroso. Quello che posso dire ora è che la lista non deve contraddire il nostro programma radicale [nel senso di programma di Salonicco], né «congelarlo». Non può essere presentata alcuna «lista», né lo sarà, che ignori la volontà del popolo e la sovranità popolare.

Però, a vedere come vanno le cose, il governo dice «tanti saluti» al programma di Salonicco. Almeno per il momento.

Noi non abbandoniamo il programma di Salonicco o il nostro programma radicale complessivo. I primi progetti di legge che sono stati adottati del Parlamento, vanno in direzione di quel programma. Nessuna «istituzione», nessun ricatto o dilemma seppellirà i decenni di lotte dei membri dirigenti di SYRIZA, legati alla sinistra e ai suoi principi. SYRIZA non sarà assorbita dallo Stato e non diventerà una stampella e un gestore di un capitalismo neoliberista greco «alimentato dallo Stato». L’anima di SYRIZA è la società e la necessità di una ricostruzione progressista del paese con un orizzonte socialista.

Il «congelamento» delle dichiarazioni preelettorali di SYRIZA, per permettere di superare le «rocce delle Simplegadi» [1] dello strangolamento economico le sembra appropriato? 

Il bisogno di liquidità è il problema più urgente e cruciale per l’economia greca. Senza liquidità non c’è via d’uscita. I circoli dominanti dell’UE, in particolare a Berlino, sfruttano il paese fino al midollo, dopo avere tagliato da tempo il flusso dei finanziamenti. È un piano schifoso che è stato applicato a Cipro, con un ultimatum di una settimana, mentre per la Grecia allungano la dilazione, il che la rende una versione più lunga del supplizio. Comunque sia, il loro comportamento è quello di spietati imperialisti verso le loro colonie lontane. Però dimenticano che il coltello che impugnano è a due tagli. La Grecia non perirà di strangolamento economico, né subirà un infarto a causa dello strangolamento economico.

La Grecia dispone di numerose e realistiche vie alternative per reagire – e in realtà per reagire con successo. La Grecia è un piccolo paese, il che permette le minacce, ma non c’è dubbio che il nostro paese dispone di scelte molteplici, mentre quelli che lo minacciano vanno in una sola direzione, che è molto problematica e pericolosa per la loro propria sorte. Se noi congeliamo le nostre dichiarazioni preelettorali – cosa che non faremo – non solo non sfuggiremo alle rocce delle Simplegadi, ma ci precipiteremo direttamente verso le scogliere.

Voglio fare una domanda diretta, poiché molto inchiostro è stato versato sulla stampa su questo tema: «Tsipras vuole realizzare la svolta verso la realpolitik. Lafazanis potrà farla»?

Per il nostro governo, la «realpolitik» si basa su una sola opzione: rimanere fedele al nostro programma radicale e realizzarlo. La sola via che ci «offrono» le «istituzioni» non è minimamente realistica, è stata intrapresa in passato e ha portato a fallimenti clamorosi. Tsipras, Lafazanis e tutti i membri di SYRIZA hanno un solo mandato e una sola possibilità: andare avanti con i nostri principi, i nostri valori e il nostro programma, che si fondano sulle migliori tradizioni storiche e lotte sociali. Il solo realismo, in questo momento cruciale nel quale viviamo è il rovesciamento [dell’austerità].

Negli ultimi tempi sono stati segnalati scenari relativi a un «governo di tutti i partiti» o un governo di coalizione. E si dice che si attribuisce il suo rifiuto alle misure che deriverebbero da tale scenario. Vorrei che mi dicesse che cosa ne pensa.

C’è già un governo di coalizione tra SYRIZA e i Greci indipendenti (AN.EL). Al di là di questo, qualsiasi potenziale «governo di tutti i partiti» che implichi la partecipazione di To Potami, del PASOK e di Nuova Democrazia, non sarebbe in fondo niente altro che un governo vassallo della Germania, che si spingerebbe ancora più avanti sulle orribili vie dei Memorandum dell’austerità. Il dilemma o le misure «difficili» di SYRIZA o un governo «di tutti i partiti» è assolutamente falso! SYRIZA non ha altra scelta che realizzare il suo programma, che può unificare e raccogliere la grande maggioranza del popolo greco.

Il suo ministero costituisce un «ingranaggio» fondamentale per le privatizzazioni, che sembra i nostri creditori cerchino e il governo esamini. Come affronta una simile possibilità?

Le privatizzazioni nel nostro paese, in particolare in settori strategici e proprietà pubbliche di particolare importanza, non devono essere e non saranno realizzate. So benissimo che interessi locali e di centri esteri (europei e cinesi) fremono intorno a DEI [l’impresa pubblica di elettricità] e vogliono farla a pezzi, scioglierla e impadronirsene. Una privatizzazione di DEI e delle imprese collegate sarebbe un disastro per il paese. La Grecia non può sopravvivere senza il suo cuore. Il nostro paese, al contrario, ha bisogno di una ricostruzione dei suoi settori pubblici strategici, come preliminare a tirare il fiato e a una uscita dalla crisi.

Di fronte al dilemma «rottura, uscita dall’Eurozona e insolvenza del paese, o compromesso onorevole con l’UE» che cosa risponde? 

Il dilemma posto dai creditori al nostro paese è: insubordinazione o strangolamento economico. Questo dilemma però è ingannevole, falso, punta alla costrizione ed umiliante. Per questo motivo lo respingiamo. La Grecia, come ho detto, può scegliere di intraprendere diverse vie. Tali vie, opposte agli interessi particolari, locali ed europei, possono sembrare difficili, ma sono le sole percorribili, realiste e promettenti.

(intervista condotta da Niki Zormpas per il giornale greco Capital; traduzione Al’Encontre)

[1] Nella mitologia greca, le due rocce Simplegadi, poste in uno stretto (il Bosforo) si scontrano tra loro quando si tenta di superarle, impedendo ogni circolazione navale.

La traduzione è di Gigi Viglino per Sinistra Anticapitalista.

TSIPRAS E LE SPESE MILITARI

da www.repubblica.it

Anche il governo di Alexis Tsipras scivola sull’attrazione fatale degli esecutivi greci per le spese militari. Il 15 marzo scorso, con il paese in piena crisi di liquidità, Atene ha dato il via libera al pagamento alla Lockheed di 50 milioni per sbloccare il programma di ammodernamento dei suoi turbopropulsori Orion P-3B in servizio alla Marina per la sorveglianza navale. Il provvedimento, anticipato dal quotidiano Proto Thema e poi confermato dal governo, è stato firmato dallo stesso premier su raccomandazione del ministro della difesa Panos Kammenos, leader della destra nazionalista di Anel, di quello degli esteri Nikos Kotzias (Syriza) e del ministro del turismo e degli affari marittimi Thodoris Dritsas, fiero oppositore delle spese militari quando la sinistra era all’opposizione. L’assegno girato al colosso della difesa Usa è solo la prima tranche nell’ambito di un piano di manutenzione della durata di sette anni per rimettere in servizio questi aerei dal valore complessivo di 500 milioni. La decisione, come prevedibile, ha scatenato le polemiche in Grecia. “Spendono più soldi per le armi che per la crisi umanitaria”, ha commentato sarcastico Stavros Theodorakis, leader del centro-sinistra di Potami.

Il budget per l’esercito è da sempre una delle voce principali del bilancio della Grecia. La spesa in armi da inizio millennio è stata in media pari al 4% del Pil contro l’1,7% della Ue. Stanziamenti spesso giustificati con la delicata posizione strategica del paese e le eterne tensioni con la Turchia. I sei Orion P-3B in dotazione della Marina sono stati venduti nel 1990 dagli Stati Uniti ed erano stati messi a terra nel 2009 perché troppo vecchi e costosi da gestire. Lo scorso ottobre Atene aveva raggiunto un primo accordo con il Governo degli Stati Uniti e la Lockheed per un programma di ammodernamento che consentisse di farli riprendere a volare con un aggiornamento tecnologico delle loro dotazioni di bordo. L’obiettivo è di allungarne la vita di altre 15mila ore.

Il governo Tsipras, sin dal giorno del suo insediamento, ha mostrato un asse preferenziale con Washington, utile per far pressioni su un’Europa restia ad accettare le ragioni di Syriza e del voto nazionale. Barack Obama ha più volte fatto appello a Bruxelles perché dia un taglio all’austerità aiutando Atene ad uscire dal tunnel. E lo stesso ministro delle finanze Yanis Varoufakis è in queste ore a Washington per incontrare, dopo il numero uno del Fondo Monetario Internazionale Christine Lagarde, anche gli uomini del Tesoro Usa. L’America è preoccupata che un deterioramento dei rapporti tra la Grecia e i partner Ue possa spingere il paese tra le braccia della Russia. Timori destinati a crescere nelle prossime ore visto che Tsipras partirà giovedì per una delicatissima visita di due giorni al Cremlino da Vladimir Putin.

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