Due articoli di Amira Hass pubblicati su Haaretz.

Diversamente occupati. I soldati israeliani sono delinquenti patentati che mettono in pratica la violenza di Stato in Cisgiordania. Anche senza gas lacrimogeni e senza aver preso per il collo Ziad Abu Ein, la presenza delle truppe dell’esercito israeliano a Turmus Aya è stata di per sé un’ azione violenta.

La morte del ministro palestinese Ziad Abu Ein è una prova ulteriore di come la violenza dell’esercito israeliano sia diventata normale, una routine scontata, che non si vede e non cambia. Siamo stati impegnati con “è stato un infarto o non è stato un infarto”, siamo stati occupati con “sospendere la cooperazione in materia di sicurezza o non sospenderla” e con ” come l’esercito israeliano si sta preparando a una escalation.” In altre parole, siamo stati a discutere di cosa fa un leggero solletico alla falsa  normalità israeliana.

Nessuno affronta la naturalezza con la quale una fila di soldati dell’esercito israeliano, della polizia di frontiera e di jeep dell’esercito israeliano si piazza in un terreno palestinese per impedire agli agricoltori di entrare nei loro terreni. Non ci sono critiche a proposito dell’indifferenza con cui questi delinquenti patentati  sparano gas lacrimogeni e granate assordanti contro anziani, donne e giovani. E perché? Per fare in modo che non possano avvicinarsi all’avamposto non autorizzato ed illegale di Adei Ad, che si trova sulle loro terre.

Anche senza lacrimogeni e granate assordanti, anche senza prendere per il collo Abu Ein, la presenza dell’esercito israeliano e della polizia di frontiera è stata una pura e semplice violenza. Ogni fortino in CIsgiordania, ogni campo militare e jeep dell’Amministrazione Civile [l’organo militare che governa su buona parte della Cisgiordania. N.d.tr.] e ogni trattore del Comune di Gerusalemme nella parte orientale della città fanno tutti tutti parte inseparabile della violenza di Stato.

L’Autorità Nazionale Palestinese è stata istituita nel 1994 come parte di un accordo per un periodo di cinque anni: i palestinesi non avrebbero risposto alla violenza di Stato israeliana, e Israele avrebbe progressivamente ridotto le aree nelle quali i suoi delinquenti patentati mettevano in atto la loro violenza. Questo era la natura concreta degli accordi di Oslo. Ma il meglio delle forze israeliane ha fatto di tutto affinché i palestinesi venissero dipinti come i responsabili delle violazioni degli accordi se avessero risposto alla immutata violenza di Israele. Anche urlare contro un soldato è una violazione degli accordi. Questa è la ragione per cui Abu Ein è stato preso per il collo.

Ora sono passati 20 anni. E anche se ci sono delle sacche di pseudo autonomia con poliziotti palestinesi (che si nascondono durante le invasioni notturne dell’esercito israeliano), la violenza di Stato non si è ritirata, non è stata ridotta. Al contrario  non ha fatto che diffondersi, è si è accresciuta in forza ed in arroganza.

Il lavoro dell’esercito israeliano, del servizio di sicurezza Shin Bet e della polizia è quello di proteggere i cittadini ebrei di Israele, compresi i coloni in Cisgiordania (inclusa ovviamente Gerusalemme est). Con ogni colono aggiunto alla lista d’onore dei cittadini di cui essere fieri, i mezzi di protezione devono essere incrementati. La popolazione dei coloni è in aumento, e così lo è la violenza dello Stato [israeliano] e delle sue istituzioni. I soldati sono malfattori in nome dello Stato ed i coloni sono ladri autorizzati a rubare in nome delle autorità.

La terra che gli avamposti non autorizzati ed illegali [dei coloni] hanno rubato è insignificante rispetto a quella rubata dalle illegali colonie ufficiali, dalle strade destinate solo ai coloni ebrei, dalle istituzioni ufficiali (polizia di frontiera, polizia, governo, esercito). Questo furto deve essere protetto, e questo è il lavoro di ogni soldato.

Solo una minoranza dei coloni aggredisce e danneggia personalmente la vita dei palestinesi. Solo una minoranza vessa e molesta di persona gli abitanti dei villaggi, la cui sventura gli ha portato tali “vicini di casa”. Per il resto dei coloni  questo lavoro è fatto dagli avvocati dell’esercito israeliano e dall’ufficio della Procura, dagli impiegati e funzionari dell’Amministrazione civile, da architetti e contrattisti e dai delinquenti in uniforme. Per essere più precisi: i coloni sono solo i rappresentanti molto coccolati dello Stato.

La minoranza che aggredisce di persona è composta da ebrei israeliani, e l’esercito israeliano li deve proteggere. Questa protezione per tutti i coloni è fornita in due modi. Uno è passivo: quando i coloni aggrediscono i palestinesi, i soldati sono assenti o stanno a guardare. La notte prima della morte di Abu Ain, un folto gruppo di cittadini israeliani, proveniente dalla direzione in cui si trova l’avamposto di Adei Ad, ha attaccato il villaggio di Mughayer. Hanno lanciato pietre contro le case e le auto, hanno danneggiato alberi e terreni tra Mughayer e il vicino villaggio di Turmus Aya. La spiegazione ricevuta dalle autorità palestinesi: gli israeliani sostenevano che gli era stato rubato un cavallo.

La seconda forma di protezione è attiva: arresti, spari, ferimenti, uccisioni di palestinesi e blocco dell’accesso alle loro terre. Questa è la soluzione più facile per l’esercito: vieta ai palestinesi di lavorare i loro terreni, non dovendo così impedire agli ebrei di danneggiare i palestinesi.

La storia di questi attacchi e dei loro risultati – l’evaporazione di decine di migliaia di dunam [ 1 dunam sono 1000 mq. N.d.tr.] di terra e di una fonte di sostentamento per i villaggi palestinesi – si trova nel contenuto impressionante e shoccante di due studi: “La strada dello spossessamento: lo studio di un caso – L’avamposto di Adei Ad ” di Yesh Din – volontari per i Diritti Umani [letteralmente “La legge c’è”. Associazione israeliana, attiva dal 2005, che fornisce assistenza legale ai palestinesi dei Territori Occupati. N.d.tr.], e  “L’agricoltura dei coloni israeliani come mezzo per l’appropriazione di terre in Cisgiordania” di  Kerem Navot (La vigna di Naboth) [una ONG israeliana fondata nel 2012 che lotta contro lo spossessamento dei palestinesi in Cisgiordania. N.d.tr.],  di Dror Etkes in collaborazione con Quamar Mashriqi-Assad di Rabbini per i Diritti Umani – Israele. Sono letture indispensabili per chi voglia capire come la violenza di Stato e quella dei coloni si uniscano, dipendano una dall’altra, si alimentino a vicenda.

Mercoledì [il giorno della morte di Abu Ein n.d.tr.] gli avvocati di Yesh Din avrebbero dovuto presentare la petizione concernente le terre dei quattro villaggi, stilata quella stessa mattina per chiedere lo sgombero di Adei Ad. La risposta di Adei Ad, come è stata distribuita a qualche giornalista lo scorso mercoledì, testimonia l’alleanza tra i delinquenti:”I residenti di Adei Ad al momento sono impegnati a respingere un problema di sicurezza avviato da Yesh Din. A quanto pare questa stessa organizzazione  stamattina ha presentato una petizione all’Alta Corte di Giustizia contro la comunità. I residenti non cadranno nella provocazione, e confidano che l’esercito farà il suo lavoro e terrà i terroristi lontani dalle abitazioni della comunità.”

(trad. di Amedeo Rossi)

15-12-2014

Un dirigente palestinese: l’AP non può interrompere la collaborazione [sulla sicurezza] con Israele- noi facciamo affidamento su ciò.

Un dirigente [palestinese] afferma che le dichiarazioni sulla sospensione della cooperazione  in materia di sicurezza erano volte in primo luogo a tenere a freno la rabbia nel movimento Fatah, e sono scaturite da necessità interne alla leadership palestinese.

Su richiesta del Segretario di Stato USA John Kerry, la dirigenza palestinese ha rimandato la  discussione sulla risposta da dare alla morte del Ministro Ziad Abu Ein, deceduto mercoledì scorso [10 dicembre n.d.t.] per un infarto dopo uno scontro con i soldati dell’esercito israeliano.

La richiesta di Kerry è stata considerata una “ pressione americana” come ha detto ad Haaretz un autorevole dirigente  palestinese che partecipa alle riunioni della dirigenza. Ma ha aggiunto che da parte palestinese  non c’è mai stata intenzione di dare seguito alle minacce di sospendere o interrompere la cooperazione con Israele.

Ha poi detto che il rinvio di qualunque decisione fa parte dell’attuale tattica del presidente palestinese Mahmoud Abbas e che implica il fatto di aspettare che gli Stati Uniti agiscano e che trovino una soluzione accettabile del conflitto.

La leadership palestinese si è riunita mercoledì sera per discutere quale risposta dare al decesso di Abu Ein, morto dopo che una manifestazione è stata dispersa dall’IDF (Forze di difesa Israeliane) a Yurmus Aya, vicino a Ramallah.

Le autorità sanitarie israeliane hanno detto che la causa principale della morte è stato un attacco di cuore causato dallo stress, ma i dirigenti palestinesi sostengono che Abu Ein è morto dopo essere stato colpito e avere inalato  gas lacrimogeni.

Alla fine della riunione è stato annunciato che la discussione sulla risposta ufficiale sarebbe stata rinviata a venerdì.

Ma nessuna delle proposte discusse mercoledì era nuova e sono state presentate diverse volte negli scorsi mesi, ha detto il dirigente palestinese. Per esempio, firmare le convenzioni internazionali quali lo Statuto di Roma della Corte Penale Internazionale  oppure [presentare] una risoluzione per il Consiglio di Sicurezza dell’ONU che stabilisca una data del ritiro di Israele dai territori occupati.

Ha affermato che anche in passato si era parlato di sospendere la cooperazione sulla sicurezza con Israele.

Le dichiarazioni di sospendere la collaborazione sulla sicurezza  era  intesa in primo luogo a tenere a freno la rabbia all’interno del movimento Fatah e  scaturivano  da necessità interne alla dirigenza palestinese.

“Quelle poche persone che hanno parlato ai media in favore di una sospensione della cooperazione sulla sicurezza, hanno parlato del tutto  diversamente nelle riunioni a porte chiuse e chiedono di agire con cautela e prudenza” ha detto il dirigente.

“Gli israeliani lo sanno molto bene, il Ministro della Difesa Moshe Ya’alon ha detto più o meno che queste erano minacce prive di effetto.

“ Sono minacce che hanno smesso di procurare allarme. L’Autorità Palestinese non può porre fine alla cooperazione sulla sicurezza a causa dei molti  interessi economici e personali – non solamente quelli della sicurezza – che sono collegati a questo” ha aggiunto.

Gli arresti [degli attivisti] di Hamas

Nei mesi scorsi, i servizi di sicurezza palestinesi hanno eseguito numerosi arresti tra i militanti di Hamas e della Jihad Islamica – molti [dei quali] tra gli studenti delle varie università della Cisgiordania.

Alcuni sono stati rilasciati dopo pochi giorni, altri convocati di giorno presso uno degli organi della sicurezza palestinese e rilasciati in serata senza essere nemmeno interrogati.

Nel weekend, l’AP ha arrestato 21 membri di Hamas a Hebron.

Un esponente di Hamas ha detto che gli arresti vogliono essere un mezzo per mettere a tacere qualsiasi forma di dissenso.

“Tra le detenzioni da parte degli israeliani e la campagna dell’AP per far tacere il dissenso, è impossibile parlare oggi dell’esistenza dell’organizzazione di Hamas  in Cisgiordania” ha detto.

Comunque l’AP sostiene che la causa degli arresti consiste nella detenzione di armi o nel finanziamento di attività vietate.

L’alto dirigente palestinese ha detto a Haaretz che molti arresti sono serviti  come deterrente o come intimidazione, ma altri sono fondati su informazioni che riguardano armi o trasferimento di denaro il cui scopo è sconosciuto.

“Questi arresti sono stati eseguiti senza il coordinamento con Israele, ma con il coordinamento sulla sicurezza è più facile” ha spiegato.

Circa 1000 sostenitori di Hamas di Hebron  avevano programmato di tenere un corteo e un comizio  venerdì, per celebrare i 27 anni dalla fondazione [dell’organizzazione].

I soldati dell’IDF hanno distrutto il palco e confiscato striscioni e bandiere, disperdendo poi l’assembramento con gas lacrimogeni e [sparando] pallottole ricoperte di gomma che hanno ferito almeno due persone, secondo la versione palestinese.

Le fonti di Hamas hanno affermato che l’Autorità Palestinese ha messo degli sbarramenti nelle strade che portavano [al luogo] della manifestazione e ha arrestato gli attivisti che vi si dirigevano.

I media vicini all’AP ieri hanno ampiamente informato sulle dimostrazioni che l’IDF ha disperso venerdì, sulle decine di palestinesi feriti dai gas lacrimogeni e su quei pochi feriti dalle pallottole rivestite di gomma.

Ma i media palestinesi hanno taciuto  sull’uso della forza per disperdere la manifestazione di Hamas.

Anche se le forze di sicurezza palestinesi e israeliane non hanno agito in base ad un accordo previo, lo scioglimento del raduno di Hamas, gli arresti e il silenzio dei media [palestinesi] sono un esempio del reciproco interesse a mettere a tacere l’organizzazione.

Ya’alon venerdì sera ha parlato  con scherno delle minacce dei dirigenti palestinesi di porre fine alla cooperazione sulla sicurezza.

“La collaborazione sulla sicurezza è più importante per i palestinesi che per noi” ha detto in un’intervista al Canale 2 . “Noi possiamo cavarcela senza il coordinamento. Queste sono minacce prive di effetto”.

(Traduzione di Carlo Tagliacozzo)

 14 dicembre, 2014

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