CENT’ANNI FA: KRONSTADT…

di Jean-Jacques Marie, intervista realizzata da Hernri Wilno

Il 18 marzo del 1871, il popolo parigino s’impossessava dei cannoni di Montmartre e dava inizio alla Comune di Parigi: una “riconquista del potere dello Stato da parte della società di cui diventa la forza viva invece di essere la forza che la domina e la soggioga”. (1)

Lo stesso 18 marzo, cinquant’anni più tardi, ben lungi dalla “riconquista del potere”,  é schiacciata nel sangue dall’Armata rossa l’insurrezione dei soldati e marinai di Kronstadt, l’isola-guarnigione al largo di Pietrogrado (oggi San Pietroburgo).

Insorti nel nome del potere ai soviet, 6.500 di loro furono arrestati di cui 2.168 fucilati dall’esercito dei Soviet al potere.

Vero spartiacque nella storia dei movimenti rivoluzionari, i fatti di Kronstadt sanzionarono la rottura definitiva con il bolscevismo da parte degli anarchici – emblematica fu la denuncia e la presa di distanze da parte dei perseguitati statunitensi Aleksander Berkman e Emma Goldmann (2) – e rappresentano tutt’oggi un profondo elemento di dissenso tra militanti libertari e comunisti rivoluzionari.

E’ pure alla luce della tragedia di Kronstadt (3) che si é spesso teso a stabilire una discendenza diretta tra bolscevismo e stalinismo, tanto più che é proprio prendendo spunto da Kronstadt che il Congresso del Partito bolscevico, tenutosi nello stesso mese di marzo del 1921, soppresse le libertà ed i diritti democratici nei Soviet ed all’interno del partito.

La risposta a questa tesi – molto misurata e che riprendo a mio conto – é quella data da Victor Serge nella prefazione alla versione inglese delle sue “Memorie di un rivoluzionario”. (4)

Scrive, Serge, che “si é spesso detto che il bolscevismo portava in se i germi dello stalinismo. E’ possibile che sia così. Ma i bolscevichi, di germi ne portavano anche molti altri, delle migliaia di altri germi. E questo, chi ha vissuto i primi anni entusiasmanti della prima rivoluzione vittoriosa non lo dovrebbe mai dimenticare. Diagnosticare l’essere vivente a partire dai germi che l’autopsia avrà, più tardi, permesso di rintracciare nel suo cadavere – e che l’uomo portava forse in se sin dalla nascita – non mi sembra molto intelligente”.

Ed é per contribuire alla comprensione di quella tragedia di cent’anni fa, pur serbando riserve su una conclusione  che fa astrazione di un’interpretazione di quei fatti nel quadro della contro-rivoluzione burocratica (questo è in ogni caso il mio giudizio), limitandosi a riaffermare certi punti cardinali in materia, che pubblichiamo una intervista allo storico francese Jean-Jacques Marie, autore nel 2005 del libro “Kronštadt 1921” (5), apparsa sul numero 124 della rivista L’anticapitaliste (6).  (pg)

Introduzione, note e traduzione dal francese Paolo Gilardi

”I fatti di Cronstadt sono un lampo che, più di qualsiasi altra cosa, ha illuminato la realtà”

L’Anticapitaliste : Quali sono le origini della rivolta ?

Jean-Jacques Marie : La rivolta dei marinai della base di Kronstadt nasce in primo luogo dalla situazione nella quale si ritrova la Russia sovietica alla fine dell’inverno del 1921, rovinata e stremata da quattro anni di guerra mondiale e da tre altri anni di guerra civile. Il paese é esangue, la sua moneta é oramai diventata virtuale mentre la sua industria moribonda non fabbrica più nemmeno i beni di prima necessità di cui avrebbero bisogno i contadini per i loro lavori più modesti allorché, per un altro verso, i loro raccolti sono requisiti per nutrire le città ed un esercito di cinque milioni di soldati la cui smobilitazione inizia lentamente. Fra i contadini, lo scontento cresce. All’ottavo Congresso dei Soviet tenutosi nel dicembre del 1920, un delegato contadino protesta: “Tutto va bene, dice, la terra é nostra ma il grano é vostro, l’acqua é nostra ma i pesci vostri, i boschi sono pure nostri, ma la legna vi appartiene “. Lo scontento sfocia su una serie di rivolte, sempre più massicce, nella regione di Tambov prima, in quella di Toumen poi, che mobilitano, su un territorio di un milione di chilometri quadrati, un centinaio di migliaia di contadini più o meno bene armati. Delle insurrezioni contadine più modeste, ma dettate dalle stesse ragioni, scoppiano anche nella regione di Voronéje, nel bel mezzo della regione della Volga, nel Don e nel Kouban. L’insurrezione di Kronstadt ne é l’apice.

Ora, se gli equipaggi delle due grandi corazzate ancorate a Kronstadt, la Petropavlosk e la Sébastopol, sono essenzialmente formati da marinai sperimentati, in quanto l’80% di loro servono nella marina dal 1917 o anche da prima, una parte considerevole della guarnigione di Kronstadt e buona parte degli equipaggi della altre navi da guerra sono di origine contadina. Da segnalare che tra questi figurano più di 1.000 prigionieri dell’esercito di Denikin (7) originari del Kouban e sopratutto 5.000 ex machnovisti fatti prigionieri dopo la sconfitta dell’esercito di Makhno (8) nel novembre del 1920. Al fine di allontanare dalla loro Ucraina questi soldati-contadini dallo spirito anarchicheggiante, lo Stato maggiore dell’Armata rossa li aveva spediti nella flotta del Baltico che, privata di qualsiasi forma di combattimento, era in porto dall’inverno del 1919 e sembrava quindi il posto ideale per piazzare quegli elementi instabili.

A Kronstadt, l’agitazione cresce tra i marinai, accentuata dalle notizie trasmesse dai familiari che si fanno eco delle requisizioni, a volte anche violente, dei loro magri greggi, degli altrettanto magri raccolti e addirittura della loro più che modesta biancheria intima. Durante l’autunno del 1920, 40% dei comunisti della flotta del Baltico hanno rinunciato alla loro tessera del Partito comunista.

E’ per far fronte alla scarsità di pane che, il 21 gennaio, il governo riduce di un terzo le razioni alimentari a Mosca, Pietrogrado, nel centro della moribonda industria tessile Ivanovo-Voznessensk e a Kronstadt. La misura esaspera gli operai, i marinai ed i soldati affamati. La situazione di Pietrogrado, di cui l’isola-guarnigione di Kronstadt controlla l’accesso via mare é drammatica. I treni, bloccati dalle insurrezioni contadine non arrivano più in una città che manca di combustibile e di pane. A fine gennaio, il Soviet di Pietrogrado riduce ulteriormente certe razioni alimentari e fissa nuove norme per l’approvvigionamento del pane. Nelle unità della guarnigione nelle quali i soldati mancano di stivali e di pane e che la fame obbliga a volte alla mendicità, il malcontento non smette di crescere. L’11 febbraio, vista la carenza di combustibile e materie prime, il Soviet di Pietrogrado chiude un centinaio di fabbriche. Il 24, 2000 operai, infuriati, scendono in piazza. Lo stesso giorno, Lenin dichiara a dei militanti di Mosca “Lo scontento ha assunto un aspetto generalizzato”. Il potere non riesce a contenerlo. L’indomani, Zinoviev (9), presidente del Soviet di Pietrogrado, proclama la legge marziale.

E’ il colpo di avvio alla rivolta di Kronstadt. Il 26 febbraio, dei delegati degli equipaggi delle due corazzate Petropavlosk e Sebastopol si recano nelle fabbriche in sciopero. Al loro ritorno, il 1° marzo organizzano una grande assemblea durante la quale, quasi all’unanimità, 15.000 marinai e soldati adottano una risoluzione che sarà conosciuta per uno slogan che peraltro non vi figura, ma che ne sintetizza perfettamente il contenuto “I soviet, ma senza i comunisti”.

Secondo il rappresentante della Čeka (10), Agranov, incaricato dell’inchiesta sull’insurrezione dopo il suo annientamento questa non sarebbe altro che“lo sviluppo diretto e logico dei disordini e degli scioperi scoppiati in più fabbriche di Pietrogrado durante l’ultima settimana di febbraio.”

Le rivendicazioni degli insorti hanno un aspetto economico. ma sono sopratutto politiche. Le potresti riassumere?

Dopo sei ore di dibattiti intensi, l’assemblea del primo marzo adotta dunque alla quasi unanimità una risoluzione di cui esige la pubblicazione sui giornali. Il testo contiene delle rivendicazioni economiche (la soppressione dei posti di blocco sulle strade che permettono la confisca di beni barattati con i contadini, l’uniformizzazione delle razioni alimentari, la libertà totale per il contadino di sfruttare le proprie terre senza ricorrere a mano d’opera salariata e la libertà, alle stesse condizioni, del lavoro degli artigiani). Ma le rivendicazioni politiche sono preponderanti. La risoluzione esige la rielezione immediata dei soviet a scrutinio segreto, la libertà di parola per gli anarchici ed i socialisti-rivoluzionari di sinistra, la liberazione dei detenuti politici operai e contadini, la rapida convocazione senza presenza dei partiti politici di una conferenza degli operai, soldati rossi e marinai di Pietrogrado e della sua provincia così come quelli di Kronstadt e la soppressione di tutti gli organi politici e delle squadre speciali all’interno dell’esercito e delle fabbriche.

La risoluzione si chiude con un appello, aggiunto in extremis, che invita “tutte le unità dell’esercito così come i compagni “aspiranti ufficiali” ad aderire alla nostra risoluzione” assumendo in tal modo degli accenti insurrezionali.

Ma perché allora le menzogne messe in giro dalla direzione bolscevica che denuncia, senza fondamento alcuno, l’insurrezione come “un complotto degli eserciti bianchi”? E perché una repressione così brutale una volta sconfitta la rivolta?

Nel suo testo “La loro morale e la nostra”, Trotsky scrive che “La guerra senza menzogne é altrettanto inconcepibile che un macchinario senza lubrificante”. Tale verità é ancor più vera per una guerra civile. Ogni parte in campo ricorre in effetti alla propaganda tanto per confortare i suoi partigiani che per attirare verso di se gli esitanti e gli indecisi. La parte, a volte molto infima, di verità contenuta nella propaganda é subordinata a questo obiettivo vitale.

La constatazione é poi ancor più pertinente nel caso di Kronstadt, visto il panico dal quale son presi i responsabili. Appena prende conoscenza della risoluzione dei marinai in rivolta, Zinoviev perde le staffe e telegrafa a Lenin dicendogli che hanno adottato una risoluzione “Socialista-Rivoluzionaria (11) – Cento neri” (12), cioè ultrareazionaria, senza peraltro trasmettergliene il testo. La bugia di Zinoviev esprime una situazione di panico ben comprensibile provocata dal rischio di una confluenza tra i marinai in rivolta e gli operai di Pietrogrado appena usciti da un’ondata di scioperi dei quali non ha i mezzi necessari per soddisfare le rivendicazioni elementari. E nulla garantiva a quel momento che non fossero raggiunti dai 12.000 marinai stazionati nel porto di Pietrogrado che, alla fine, fecero però prova di una prudente cautela sulla quale però sarebbe stato pericoloso speculare… Ed il panico spiega pure la brutalità della repressione. Il 17 marzo, alla vigilia della disfatta, 7.000 insorti, in maggioranza membri del comitato rivoluzionario provvisorio fuggiranno in Finlandia. 6.528 insorti rimasti a Kronstadt saranno arrestati, dei quali 2.168 fucilati.

Il 2 marzo, un comunicato del governo firmato da Lenin e Trotsky denunciava la risoluzione di Kronstadt riprendendo la formula di Zinoviev che Lenin abbandonerà poi al congresso della partito bolscevico. Lo stesso giorno, gli uomini in rivolta proclamano un Comitato rivoluzionario provvisorio: si passa dunque dalla protesta all’insurrezione. Le Izvestia di Kronstadt dichiarano che “il potere odioso dei comunisti é rovesciato”. Il redattore del giornale, riprendendo a suo conto un tema della propaganda bianca, denuncia poi “i commissari, pronti a scappare con le tasche piene d’oro e di biglietti di banca zaristi, frutto del lavoro e del sangue degli operai”.

Per parte sua, Trotsky insiste sul ruolo che attribuisce a Kozlovski, un ex-generale bianco che comanda l’artiglieria sull’isola. Di fatto però, quel generale, seppur ostile al regime, non gioca assolutamente nell’insurrezione il ruolo politico che la propaganda ufficiale gli attribuisce. Lo stesso Agranov critica in modo vivo le dichiarazioni e gli ultimatum di Lenin, Trotsky e Zinoviev peraltro pubblicati, come lui sottolinea, sulla stampa del Comitato rivoluzionario di Kronstadt. “Quegli appelli […] nei quali si denunciavano come responsabili gli agenti dell’Intesa ed il generale Kozlovsky irritarono i marinai e gli operai di Kronstadt. Kozlovky era, per le larghe masse, coscienti del carattere spontaneo del loro movimento, un perfetto sconosciuto”.

Inoltre, Agranov précisa che “le indagini non hanno permesso di stabilire che lo scoppio della rivolta sia stato preparato dal lavoro di una qualsiasi organizzazione contro-rivoluzionaria o dal lavoro di spie dell’Intesa nel comando della fortezza. Tutto lo svilupparsi del movimento contraddice una tale ipotesi”. Più chiari di così…

Il decimo congresso del partito si tiene allo stesso momento. Oltre al dibattito sui sindacati, il Congresso é quello che decide la NEP, la Nuova politica economica e la proibizione delle frazioni all’interno del partito. In che misura l’insurrezione ha pesato sui dibattiti?

Il decimo congresso del Partito bolscevico si era aperto l’8 marzo e fu, tutt’intero, sotto il segno di Kronstadt. Lenin stesso ammette di aver “tutto ridotto alle lezioni di Kronstadt, tutto, dall’inizio alla fine”. Ed aggiunge “i fatti di Kronstadt sono un lampo che più di ogni altra cosa ha illuminato la realtà”. Durante una riunione interna affermerà che a Kronstadt “non vogliono né le guardie bianche né il nostro potere, ma di poteri non ce n’è nessun altro”.

A conferma di questo giudizio, lo sgomento e lo smarrimento spingeranno il segretario del Comitato rivoluzionario provvisorio Petritchenko e quattro insorti a proporre un’alleanza al generale bianco Wrangel (13).

Sottolineando il fatto che “le azioni isolate non permettono di rovesciare i comunisti” affermano che “il sollevamento di Kronstadt aveva come unico scopo di rovesciare il partito bolscevico” ed insistono sulla portata dello slogan “tutto il potere ai soviet, non ai partiti” il cui “significato politico é molto importante nella misura in cui toglie ai comunisti l’arma che utilizzano abilmente per realizzare le idee comuniste” e “costituisce una manovra politica adeguata perché provoca la scissione nei ranghi comunisti ed é popolare fra le masse”. Siccome però esigevano che le terre confiscate ai grandi proprietari restassero proprietà dei contadini, Wrangel, allora esule a Bizerte sotto la protezione del governo francese, non si degnò nemmeno di rispondere…

Per Lenin, Kronstadt é molto più che una delle tante peripezie della guerra civile. Il popolo dice, é esausto, “i contadini non vogliono più continuare a vivere così”. Riallacciare i legami con loro nel momento in cui le ultime rivolte contadine sono all’agonia, spiega Lenin, esige di accordar loro la libertà di scambio se non si vuol correre il rischio di un rovesciamento del potere sovietico, visto che la rivoluzione mondiale tarda a venire. Quindi, Lenin propone al congresso di sostituire le requisizioni con un’imposta in natura che prelevi solo una parte dei raccolti, lasciando al contadino la possibilità di vendere quello che gli resta. Delle proposte in quel senso erano già state votate una prima volta nel gennaio del 1920 da un congresso dell’economia su proposta di Yuri Larine e Trotsky ne aveva formulata una versione un paio di mesi dopo. In quelle due occasioni, Lenin aveva combattuto queste scelte. Dopo averlo sostenuto in quel frangente, Stalin, sempre coraggioso, aspetterà l’agonia di Lenin per chiedersi se “non ci son voluti dei fatti come quelli di Kronstadt e Tambov per capire che era impossibile continuare a vivere nelle condizioni del comunismo di guerra

Trotsky a definito la repressione del sollevamento come una “tragica necessità”. La cosa é tutt’ora oggetto di dibattito. D’altronde, anche se si possono capire gli imperativi militari immediati (quali li concepisce anche lo storico del movimento anarchico, Paul Avrich) si può anche immaginare che tutto ciò avrebbe dovuto essere correlato da misure di estensione dei diritti democratici all’interno dello Stato operaio. La “tradizione trotskista” non ha fatto troppo astrazione di questa questione?

Mettere in relazione queste decisioni con l’estensione delle libertà democratiche nello Stato-operaio? Per il partito al potere, la questione é spiegata in modo semplicissimo: in un paese rovinato, affamato, stremato, il potere del Partito bolscevico nel 1921 è appeso ad un filo, come Lenin non smette di ripetere. Il Partito bolscevico é quasi sospeso nel vuoto tra una classe operaia agli stremi e i contadini in rivolta e che ambiscono a poter vendere liberamente i prodotti della terra che la rivoluzione gli ha dato. L’ondata rivoluzionaria che ha sconvolto l’Europa ha impedito che l’intervento delle grandi potenze rovesciasse il potere sovietico. Seppur abortita, la rivoluzione mondiale l’ha salvato. Ma la sua solidità interna é sempre più problematica.

E’ la ragione per la quale Lenin afferma la necessità di “assicurare la coesione del partito, di vietare ogni forma di opposizione”. E fa quindi votare dal Congresso – in una sessione a porte chiuse – una risoluzione “sull’unità del partito” che prende spunto da Kronstadt affermando che “lo sfruttamento degli strappi alla linea comunista da parte dei nemici del proletariato é stata, senza l’ombra di un dubbio, illustrata in modo spettacolare dalla sommossa di Kronstadt”. E quindi, la risoluzione decide di sciogliere tutte le tendenze costituite (o frazioni) all’interno del partito con l’espulsione immediata di chi non dovesse rispettare tale decisione. Il documento – non pubblicato allora – dava pieni poteri al Comitato centrale per “fare regnare una stretta disciplina all’interno del partito e in tutta l’attività dei Soviet ed ottenere un’unità totale eliminando ogni attività frazionistica”.

La violenta lotta frazionistica che si era sviluppata in particolar modo a Pietrogrado sotto l’impulso di Zinoviev durante l’inverno 1920-1921 sulla problematica sindacale é stata in effetti uno degli elementi che hanno scatenato l’insurrezione. Così, il 13 gennaio, un fautore della linea Lenin-Zinoviev, alla quale  opponeva la sua, dichiarava davanti a 3.000 marinai comunisti di Pietrogrado che “Trotsky e i suoi compagni ci vogliono rinchiudere in prigione, in un bagno penale, dietro le sbarre”. Una dichiarazione del genere non poteva che affievolire la credibilità e l’autorità di Trotsky, allora capo dell’esercito, e Raskolnikov, firmatario della sua mozione e commissario politico della flotta del Baltico. Gli effetti funesti della violenta querelle furono sottolineati dallo stesso Agranov che pretende che “la decomposizione dell’organizzazione comunista di Kronstadt […] fu accelerata in seguito agli scontri tesissimi in seno al partito […]. In queste condizioni, l’esplosione dell’organizzazione in differenti gruppi e sfumature di pensiero sboccava inevitabilmente sulla sua dislocazione” che ha facilitato l’adesione di molti comunisti all’insurrezione.

Quindi, se gli scontri brutali fra tendenze all’interno del partito hanno finito per minacciare l’esistenza stessa del potere sovietico é necessario, al momento in cui delle concessioni importanti son fatte al mondo contadino per pacificarlo, sospendere “provvisoriamente” l’esercizio del diritto di frazione. La proibizione deve durare finché la rivoluzione non avrà trionfato in Europa e che l’Unione sovietica non sarà più isolata. “Fin tanto che la rivoluzione non scoppierà in altri paesi, per cavarcela avremo bisogno di decenni”. Il provvisorio è dunque chiamato a durare.

Quando poi, nell’autunno del 1923, in un momento in cui l’economia si stava riprendendo, l’Opposizione di sinistra (14) si oppose all’apparato del partito, fu Stalin a riesumare e rendere pubblico quell’articolo 7. Lo fece il 17 gennaio del 1924, quattro giorni prima della morte di Lenin, oramai ridotto al silenzio da mesi.

Ma non confondiamo le cose: la vittoria di Stalin e della sua frazione non risultano da quell’articolo, ma dal fatto che questi incarnano e difendono gli interessi di una casta burocratica e vorace che prolifera sul fatto che la classe operaia é ridotta agli stremi, in ginocchio, in un Unione sovietica che resta isolata, grazie, tra l’altro, al sostegno dato dalla social-democrazia al regno, allora vacillante, del capitale.

NOTE

1) Marx, Prima bozza per la redazione de La guerra civile in Francia, aprile-maggio 1871, Editions en langues étrangères, Pechino, 1972, p. 178.: Marx, La guerra civile in Francia, Editori Riuniti Univ. Press, 2018

2) Vedasi, Emma Goldmann, L’épopée d’une anarchiste, New York 1886 – Moscou 1920, Parigi 1979  pubblicato nel 1932 col titolo Living my Life. Traduzione italiana: Volume 1: Edito da La Salamandra, Milano, 1980; Volume 2: Edito da La Salamandra, Milano, 1981; Volume 3: Edito da La Salamandra, Milano, 1985; Volume 4: Edito da Zero In Condotta, Milano, Luglio 1993.Link Download: https://mega.nz/folder/eQwDSQaI#5NjHI8bdhE1sTtzW_mJCZw

3) La tragedia di Kronstadt é il titolo del libro pubblicato nel 1970 da Paul Avrich, scomparso nel 2006, che fu docente all’università di Columbia e un grande storico dei movimenti libertari. Paul Avrich, Kronstadt 1921 – Mondadori 1971 – 1°ediz. Oscar

4) Prefazione alla versione inglese del 1963, pp XV e XVI. Victor Serge, Memorie di un rivoluzionario, Massari editore, 2011
5) Jean-Jacques Marie, Kronštadt 1921 UTET 2007
6) L’anticapitaliste, 124, 10 marzo 2021, Jean-Jacques Marie, «Les événements de Kronstadt sont un éclair qui a illuminé la réalité plus vivement que tout».
7) Generale dell’esercito zarista che prese la direzione della controrivoluzione militare nel Sud del paese durante la guerra civile.
8) Nestor Makhno, comunista libertario che, alla testa dell’esercito rivoluzionario ucraino combatté durante la guerra civile contro l’Armata bianca guidata dal generale Wrangel. Makhno mantenne sempre la propria indipendenza dai bolscevichi, entrando spesso in conflitto con le truppe dell’Armata rossa. Dopo la sconfitta di Wrangel alla fine del 1920 l’esercito di Makhno venne sciolto dal Governo di Mosca. Fuggito alla cattura, Makhno si rifugiò in Francia dove elaborò la  Piattaforma organizzativa dell’Unione generale degli anarchici (Piattaforma Organizzativa dei Comunisti libertari).
9) Dirigente del partito bolscevico, si pronunciò pubblicamente, insieme a Kamenev, contro la presa del potere nell’ottobre del 1917 (7 novembre). Nonostante questo, divenne segretario dell’Internazionale comunista e presidente del Soviet di Pietrogrado. Dopo aver patteggiato con Stalin alla fine degli anni 1920, fondò con Trotsky e Kamenev l’opposizione unificata a Stalin. Condannato a morte durante il primo processo di Mosca fu fucilato nel 1936 in compagnia di Kamenev.
10) Čeka, acronimo della “Commissione speciale per la sorveglianza e la repressione delle attività contro-rivoluzionarie e i sabotaggi” creata nel dicembre del 1917, la polizia politica.
11) Il partito socialista rivoluzionario, partito riformista il cui rappresentante, Kerensky fu alla testa dell’ultimo governo prima della rivoluzione d’ottobre. L’ala detta «socialista rivoluzionaria di sinistra» aveva invece sostenuto il rovesciamento di Kerensky ed aveva partecipato al primo governo bolscevico.
12) “Cento neri” o “Centurie nere”, organizzazione monarchica e nazionalista nata in reazione alla rivoluzione del 1905 e che partecipò alla guerra civile nei ranghi delle forze contro-rivoluzionarie
13) Generale zarista, comandante, prima della rivoluzione, della régione Sud,diresse una parte delle truppe bianche, contro-rivoluzionarie durante la guerra civile. Esule in Francia sotto la protezione del governo francese, morì poi a Bruxelles nel 1928.
14) Opposizione di sinistra: corrente critica, diretta da Trotskij e da dirigenti dell’ex opposizione operaia all’interno del partito bolscevico dal 1923 al 1927 che denuncia in particolar modo il controllo esercitato sul partito dalla burocrazia.

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