BOKO HARAM: LA DISCESA NELLA VIOLENZA ASSOLUTA

di Domenico Quirico

All’inizio è stato niente: soltanto un giovane predicatore, Mohamed Yusuf, che nel 2003 torna a casa dall’Arabia, dalle scuole coraniche salafite, ed è colmo e ribolle della gioia e della rabbia di chi sente dio dentro di sé. Poi una piccola città, Kanama, alla frontiera tra il Niger e la Nigeria, il nord, il parente povero del boom petrolifero nigeriano, quello che vedi ad Abuja, a Lagos. Ancora niente. Immaginiamo il suo ritorno: i piccoli bus sgangherati e stracolmi. Botteghe capanne. Lunghe file nei mercati con le poche merci sdraiate per terra tra le mosche, la polvere, le immondizie, il sudore. Miseria, voci. La umili matita dei mille piccoli minareti di sabbia, e le rare chiese cristiane, che sembrano magazzini sbarrati da truci catenacci. E dietro la savana, gli alberi, il silenzio, il sole che scortica.

Yusuf si guarda intorno, è il suo mondo che scorre.  Qui dovrebbe regnare la sharia, dal 1989, teoricamente ciò che è vietato dal Libro dovrebbe essere subito bandito. Teoricamente. Avviene sempre così: la rabbia deve trovare qualcosa di semplice che riassuma lo scandalo del tutto. E Yusuf la trova: ‘’la scuola occidentale’’, eredità dei colonizzatori britannici. Tutto quello che lo indigna e gli sembra una bestemmia contro dio: la povertà del nord musulmano, l’acqua e la corrente elettrica rare, la sanità primitiva, la corruzione, il malgoverno, le elezioni truccate, la polizia brutale, il saccheggio dei beni pubblici, i cattivi costumi che offendono il Corano, tutto è colpa di quella scuola dimenticata in mezzo al buon popolo di dio come un bacillo dagli occidentali.

Yusuf comincia a predicare, nella polvere nel caldo nella puzza di Kanama. E’ antica tradizione nigeriana, i predicatori possono occupare uno spazio pubblico, spiegare il Corano, maledire la depravazione dei costumi.  Prima sono dieci poi cento poi mille ad ascoltarlo, poi così tanti che decide di spostarsi a Gaidam, una città più grande. E poi a Maiduguri, la capitale del Bornou. Nessuna autorità bada a loro, hanno altro da fare, rubare, che occuparsi dei quei pezzenti invasati da dio. E poi non predicano la violenza, convincono con le idee. 

Ecco: i Boko Haram, ‘’la scuola occidentale è peccato’’, il castigo nella storia della Nigeria. Yusuf è stato ucciso nel 2009 dai soldati, 800 seguaci furono massacrati nel villaggio di Waidil. Eccoli i martiri necessari ad ogni fanatismo totalitario. Ci sono incendi che ardono dentro, fiamme che divampano negli individui. Queste ultime sono le più pericolose, le uniche, le eterne. I talebani d’africa sono diventati da allora il più sanguinario gruppo terroristico del mondo, quarantamila morti, con le loro grida che ti strappano all’indifferenza. Morti che parlano in incubi senza sonno. Ora annichiliscono ampi territori tra la Nigeria il lago Ciad il Niger e il Camerun, schierano tra diecimila e quarantamila lanzichenecchi arruolati tra i kanuri del nord Nigeria, ma anche tra haussa, peul, buduma. Non gli eserciti in perenne ritirata ma feroci faide interne talora sfoltiscono i ranghi. Dal 2015 sono ‘’la provincia dello stato islamico dell’africa dell’ovest’’, un altro Califfato legato agli emiri di Siria e Iraq, ennesima schiera della Grande Minaccia islamista, del genocidio utopico in nome del paradiso in terra. Uomini nefasti, fautori di un fanatismo primordiale, che non credono nel valore del dubbio, nel rammarico per il ripetersi del proprio delitto. Gestiscono una florida economia criminale in quattro paesi: tasse dai commercianti e dalle città che devono contribuire ‘’al lavoro di dio’’, milioni di euro di tangenti sulla esportazione di tonnellate del pesce del lago Ciad, i sequestri. Già: una economia del riscatto. Commercianti, studenti, funzionari, autisti, ognuno ha la sua tariffa. Nella sola regione di Dicca in Niger nel 2020 si è calcolato abbiano ottenuto un milione di euro. I Boko Haram muovono il commercio di intere regioni dall’economia derelitta, comprano cibo veicoli carburante carte telefoniche. Imprenditori si arricchiscono ripulendo il denaro dei riscatti. Ufficiali corrotti fanno finta di non vedere, di non sapere.

Per decifrarne i troppi misteri bisogna addentrarsi nella foresta di Sambissa, feudo di Abubakar Shekau, il pazzo di dio, alla frontiera tra Camerun e Nigeria. O avere il coraggio di esplorare la geografia di ‘’tounboun’’, centinaia di isole che il progressivo ritrarsi del lago Ciad ha fatto emergere in quello che un tempo era ‘’il mare d’Africa’’.

Non c’è nel continente un luogo più bello del lago; all’alba l’acqua è di una immobilità che sembra rendere minimi i dolori e le miserie degli uomini.  E la fitta foresta delle piroghe indigene, ferme in riposo sulle rive, sembra attendere qualche avvenimento straordinario. Ma adesso tutto è finito e si respira l’aria di tristezza dei luoghi che un tempo floridi vivono di ricordi. Il lago si spegne come una creatura vivente, grandi cerchi di terreno secco, polveroso segnano lo spazio dove un tempo era l’acqua, simili agli anelli di vita di un albero abbattuto. Un popolo di profughi si aggrappa all’acqua che resta, la prosciuga, la uccide.

Sulle isole più grandi i jihadisti hanno sistemato ‘’caserme’’ e depositi di armi.  A Tounboun-Kournawa un campo di addestramento ospita 500 reclute dell’emiro Abdulaye, uno dei capi della fazione vicina al califfato siriano. Qui, raccontano, ci siano soldati-bambini, dodici anni, iniziati alla crudeltà attraverso la tortura e la uccisione degli ostaggi. L’uomo? Buono per uccidere, buono per crepare. L’addestramento si svolge con proiettili veri, chi sbaglia riceve dieci colpi di frusta.

Ma chi comanda i Boko Haram? Ancora un mistero. Tutto ruota attorno a Abubakar Shekau, che fece rapire le studentesse di Chibok nel 2014, (‘’ho preso le vostre figlie, le venderò al mercato in nome di dio…’’ gridava in un video, a tratti imbambolato, a tratti furente, nello sguardo assente il marchio di indelebile ferocia), numero di matricola negli elenchi dei terroristi Onu QI.S.322.14, taglia (americana) sette milioni di dollari. Non si sa dove è nato alcuni lo dicono nigeriano, altri del Niger; dubbia la data di nascita, il 1965… no forse il 1975. I governativi sostengono che Shekau che nei video minaccia come un invasato non è Shekau perché quello vero lo hanno ammazzato nel 2012! Dopo la morte di Yussuf di cui era mediocre allievo si è impadronito della setta, uno Stalin della boscaglia feroce e astuto, e l’ha convertita al terrorismo puro, che concima con il sangue. Il suo potere non era indiscusso, la violenza assoluta era criticata da un’ala ‘’politica’’. Nel 2016 quando si proclamò califfo dell’Africa occidentale una parte dissidente di Boko Haram si trasferì nel bacino del lago Ciad. Problemi gravi: chi controllava il denaro e le armi? Quanta violenza era produttiva contro le popolazioni? Una feroce purga ha spezzato subito i dissidenti. Su ordine alla Shura, il supremo tribunale, di Raqqa due capi, Maman Nur, influente ideologo, e al Barnawi sono stati giustiziati, accusati di moderatismo. Avrebbero tenuto contatti con il governo nigeriano che aveva lanciato la proposta ‘’pentimento in cambio del perdono’’ a cui hanno aderito alcune centinaia di miliziani.  Ora Shekau sembra aver ripreso potere. C’è la sua mano dietro l’ennesimo sequestro di quaranta studenti e insegnanti a Kagara, nell’est . Ha sempre mantenuto infatti contatti con il banditismo, piccoli criminali e trafficanti a cui invia ‘’consiglieri’’ e appalta i sequestri. I banditi hanno trovato una causa, fanno carriera.

Tratto da: www.lastampa.it

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