Pubblichiamo come primo contributo due articoli scritti a caldo che riteniamo utili per inquadrare, almeno parzialmente, l’attacco statunitense all’Iran di queste ore nel contesto generale della regione. Nei prossimi giorni seguiranno contributi più analitici in considerazione anche delle azioni che saranno intraprese dalle forze coinvolte. 

Perché l’eliminazione di Soleimani assomiglia a una dichiarazione di guerra

di Anthony Samrani

Ciò che è noto

Il generale iraniano, comandante della forza di élite Al-Qods, Kassem Soleimani, è stato ucciso nella notte tra giovedì e venerdì nel bombardamento di un convoglio presso l’aeroporto di Baghdad. Il capo dei Kata’ib Hezbollah, una delle milizie pro-iraniane più attive in Iraq, Abu Mehdi al-Muhandis, è stato ucciso nello stesso attacco.

I guardiani della rivoluzione hanno confermato la morte di Kassem Soleimani. Il presidente iraniano, Hassan Rohani ha promesso che Teheran e le “nazioni libere della regione” si vendicheranno degli Stati Uniti.

Da parte sua, il Pentagono ha precisato che il presidente Donald Trump aveva dato l’ordine di uccidere il generale iraniano. “Su ordine del presidente, l’esercito americano ha preso delle misure difensive decisive per proteggere il personale americano all’estero ammazzando il generale Kassem Soleimani”, ha dichiarato il ministero della difesa americano in un comunicato. Donald Trump non ha ancora commentato personalmente l’attacco limitandosi a pubblicare sul suo profilo Twitter una bandiera americana.

Reagendo a questo annuncio, l’aggressivo leader sciita Moqtada Sadr ha dato l’ordine ai suoi combattenti dell’Esercito del Mehdi di “tenersi pronti”, ripristinando una milizia sciolta ufficialmente da circa un decennio e che aveva seminato il terrore tra i soldati americani in Iraq.

In quale contesto accade questo accade?

Gli Stati Uniti domenica hanno lanciato degli attacchi per rappresaglia contro le milizie irachene Kata’ib Hezbollah, uccidendo almeno 25 combattenti. In reazione, i sostenitori delle milizie pro-iraniane hanno preso d’assalto l’ambasciata americana a Baghdad martedì e mercoledì. Il capo del Pentagono, Mark Esper, aveva dichiarato che gli Stati Uniti si aspettavano nuovi attacchi da parte dei paramilitari alleati dell’Iran. “Se gli Stati Uniti sospetteranno nuovi attacchi in preparazione, prenderanno misure preventive per proteggere le forze americane, per proteggere vite americane”, ha aggiunto.

L’amministrazione Trump ha fatto dell’Iran il suo principale nemico decidendo di ritirarsi dall’accordo nucleare nel maggio 2018 e tornando ad imporre forti sanzioni contro il regime per esercitare la “massima pressione” contro di esso. In risposta, gli iraniani hanno attuato una politica di escalation controllata per far pagare agli Stati Uniti e ai loro alleati il prezzo delle loro politiche verso di loro. La politica iraniana si basava in modo particolare sul fatto che, malgrado i suoi discorsi bellicisti, il presidente americano, non fosse disposto ad entrare in guerra.

Qual è la sua importanza?

La morte del generale iraniano Kassem Soleimani in un raid americano è un terremoto per tutta la regione. Soprannominato il “fantasma”, era considerato uno degli uomini più potenti del Medio Oriente, lo stratega e il principale artefice della politica iraniana al di fuori delle sue frontiere. La sua morte è un colpo durissimo alla Repubblica islamica.

L’attacco americano può legittimamente essere paragonato ad una dichiarazione di guerra contro l’Iran e i suoi alleati nella regione. Segna una vera svolta nella politica americana fino ad ora basata principalmente sulle sanzioni economiche. La politica americana è stata caratterizzata dall’incoerenza strategica tra obiettivi molto ambiziosi, mettere in ginocchio l’Iran, e degli strumenti politici e militari assai deboli per raggiungerli. L’attacco di ieri è riconducibile a un cambiamento di strategia da parte degli Stati Uniti o alla considerazione di non poter perdere questa occasione di sbarazzarsi di uno dei loro più acerrimi nemici? Sembra essere ancora troppo presto per dirlo.

Quali sono le possibili conseguenze?

Sarà difficilissimo gestire questa escalation che potrebbe accendere la miccia in tutta la regione. Sembra inevitabile che gli iraniani rispondano all’attacco americano, tenuto conto dell’importanza del generale Soleimani all’interno dell’apparato del regime. L’attacco li mette questa volta con le spalle al muro. Ci si può aspettare una miriade di reazioni possibili, dato che gli iraniani possono agire attraverso i loro alleati in Libano, in Iraq o in Yemen. Le truppe americane nella regione, in particolare in Iraq, potrebbero essere i primi bersagli della risposta iraniana, mentre la pressione politica da parte delle milizie sciite pro-iraniane per spingerli ad abbandonare il Paese potrebbe aumentare. Il problema è: quale risposta potrebbe essere proporzionata alla perdita appena subita dal punto di vista iraniano? Questa risposta può consistere in una cosa diversa da una guerra aperta su più fronti tra Stati Uniti e Iran? Il regime iraniano è pronto a passare il Rubicone, cosa che potrebbe significare la sua sconfitta? L’attacco americano di ieri potrebbe avere conseguenze terribili per tutta la regione. In particolare per la Repubblica islamica, che è di fronte alla sfida più grande della sua storia: non rispondere significherebbe rimettere in discussione tutto ciò che il regime ha costruito in questi decenni; farlo in modo “proporzionato” rischia di scatenare una guerra diretta con gli Stati Uniti, che gli iraniani, a priori, non hanno i mezzi per vincere ma che sarebbe un disastro per tutta la regione.

3 gennaio 2020 Tratto da: www.lorientlejour.com/

Traduzione di Cinzia Nachira

INTERVISTA AD ARSHIN ADIB-MOGHADDAM

Arshin Adib-Moghaddam, professore presso la SOAS, ha proposto le sue riflessioni sul significato della morte di Soleimani per il Medio Oriente.

Chi era il generale Quassem Soleimani?

Il Maggiore generale  Qassem Soleimani era un militare di carriera nelle forze d’élite Al-Qods (Gerusalemme) dell’Islamic Revolution Guard Corps (IRGC – Corpo delle guardie della rivoluzione islamica), la più potente organizzazione militare dell’Iran.

Le Forze Quds è la principale responsabile delle operazioni estere e l’IRGC in generale è fortemente impegnato nelle zone calde regionali, dal Libano alla Siria e all’Iraq, e in misura minore in  Palestina, Yemen e Bahrein.

Soleimani ha raggiunto uno status eroico tra i suoi seguaci per il suo ruolo avuto nella sconfitta dell’ISIS in Iraq e Siria e del suo acume militare in tale occasione.
 

Perché gli Stati Uniti hanno preso di mira Soleimani?

Esistono diverse narrazioni in giro: per provocare l’Iran in una guerra o per rafforzare le credenziali di Donald Trump al fine di salvaguardare la sua rielezione, ma l’assassinio di Soleimani è stato principalmente uno sforzo mal concepito per contenere la crescente potenza regionale dell’Iran, specialmente in Siria e Iraq. 

I modelli di alleanza emersi nell’ultimo decennio favoriscono gli obiettivi della politica estera iraniana, in quanto orientati verso aspetti emotivi come l’indipendenza e la dignità nazionale. 

Gli alleati dell’Iran in Siria, Iraq e Libano hanno beneficiato di questa nuova costellazione geo-politica, e sia la destra israeliana che questa amministrazione americana hanno erroneamente supposto che questo assassinio avrebbe invertito tale tendenza.

In che modo è probabile che l’Iran reagisca?

Dato lo status di Soleimani in Iran e oltre, la ritorsione è inevitabile.

Poiché si tratta dell’assassinio di un comandante militare senza una dichiarazione di guerra, i diplomatici iraniani esamineranno il diritto internazionale al fine di qualificare l’assassinio come un atto criminale ai sensi degli attuali statuti internazionali.

L’establishment militare in Iran e i suoi alleati regionali probabilmente accelereranno la loro opposizione alla presenza militare degli Stati Uniti nella regione e prenderanno di mira beni e alleati statunitensi per un lungo periodo di tempo.

Alla fine, l’assassinio di Soleimani renderà impossibile all’Iran e ai suoi alleati prendere in considerazione la riconciliazione con questo presidente degli Stati Uniti.

Cosa ti aspetti che accadrà nei prossimi giorni e settimane? Potrebbe diventare una guerra?

Né l’Iran né gli Stati Uniti sono interessati ad una guerra.

Certamente, gli strateghi statunitensi sono consapevoli che non esiste alcuna opzione militare contro un paese come l’Iran.

Dopo la morte di Soleimani, la regione soffrirà di più: ci sarà più instabilità, un mercato del petrolio e del gas piuttosto volatile, poiché l’Arabia Saudita e altri percepiti come “surrogati” americani saranno oggetto di varie forme di ritorsione; e, infine, è probabile che questa amministrazione americana sia vista come una forza sconsiderata nella politica mondiale, anche dai suoi alleati in Europa e oltre.

Nello stesso Iran, la già terribile situazione dei diritti umani peggiorerà ulteriormente, poiché lo stato garantirà ulteriormente la politica interna, al fine di evitare sconvolgimenti sponsorizzati dagli Stati Uniti.

Tratto da: www.soas.ac.uk

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