IN RICORDO DI SHAH MARAI

di Domenico Quirico

I mille volti del Paese negli scatti di Shah, testimone della Storia

 La fotografia è ricordo. E il vero ricordo non è diaristico, non è pettegolezzo della memoria. E’ piuttosto un mistero per cui un luogo, un avvenimento storico, una persona, un dolore perdurano in quell’immagine in noi incorrotti come verità oggettive. Non li ricordiamo, essi sono. Il Vietnam sarà, per sempre, la bambina di My Lai che corre verso di noi, sì noi, portando nel corpo nudo e vilipeso lo scandalo americano del napalm. Abbiamo, grazie a quell’infinito istante, il suo sguardo.

Il nostro animo è un asilo di persone e di cose che vivono indipendenti, con la loro realtà ineffabile, e che perciò, come gli esseri veri, restano misteriose. Grazie alla fotografia ne siamo responsabili e il ricordo è un dovere. Per questo l’Afghanistan, la sua tragedia infinita in cui hanno scaramucciato mille eserciti e mille bande fanatiche, la sua storia resterà tra venti, tra cento anni negli scatti di Shah Marai, reporter della «France presse» morto ieri negli attentati di Kabul: è lì palpabile, vivo, nei suoi Buddha ciclopici e straziati di Bamiyan, i suoi taleban sul carro armato, le sue donne fasciate di chador e di luce azzurra, azzurra come il fondo del mare, ma stretta come un cilicio. Soltanto fotografie, eppure meravigliosamente sonore.

Scattate da un uomo che sembra parlarci di un avvenimento doloroso della sua famiglia, non per cercare la nostra pietà, ma per espandere la sua. Un giorno gli storici tesseranno su quegli anni le fibre complicate di un racconto esprimibile e chiaro. Ma senza quelle immagini nulla capiremo. Basterà evocarle, anche solo una, e tutto ci sarà chiaro come sofferenza sangue dolore Storia. Shah Marai: un testimone. Che vive sul filo del rasoio nell’abnegazione di ogni istante; e noi, grazie a lui, in quel luogo del mondo, esplodiamo nel Tempo che si frantuma in mille volti, in mille frammenti di esistenza.

Tratto da: www.lastampa.it

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