1956: I CONSIGLI OPERAI UNGHERESI

di Tamás Krausz *

Nel sistema «socialista di Stato» il 1956 ungherese è sempre stato definito una «controrivoluzione», e la sua realtà storica è stata celata e deformata. La prima legge che il parlamento del neonato sistema capitalista ha votato, nel 1990, ha reso obbligatorio definirla «rivoluzione» e «lotta di liberazione». Ma la nuova storia ufficiale dissimula però il fatto che i lavoratori in rivolta, gli studenti, i consigli operai, perseguivano la realizzazione d’un sistema socialista autogestito, alcuni elementi del quale erano storicamente presenti ovunque nell’Europa orientale.

La destalinizzazione del sistema burocratico era in effetti iniziata nel giugno 1953, quando i principali dirigenti comunisti, fra i quali Mátyás Rákosi (segretario generale del partito e Primo ministro) sono convocati a Mosca. I dirigenti sovietici ritengono, sulla base delle informazioni che arrivano loro direttamente dall’Ungheria, che la situazione sia critica. Impongono pertanto come nuovo Primo ministro un uomo che fino allora era stato ai margini del gruppo più ristretto al potere, Imre Nagy. A Rákosi comunque è lasciata la carica di segretario del partito. È a partire da questo momento che la direzione ungherese comincia a oscillare, mentre si pongono le premesse per lo sviluppo d’un movimento «dal basso», in un primo tempo fra gli intellettuali.

Nel marzo 1955 Rákosi riesce a sbarazzarsi di Nagy. Nel frattempo, però, il XX Congresso del Partito comunista dell’Unione sovietica inaugura una nuova tappa, che nel luglio porterà non solo alla rimozione forzata di Rákosi, ma anche e soprattutto alla crisi di tutta la struttura del partito comunista ungherese (che allora si chiamava Partito dei lavoratori ungheresi [Magyar Dolgozók Pártjia, MDP]) e all’ascesa del movimento popolare.

«Indipendenza, libertà, Nagy al potere»

Il 23 ottobre, a Budapest, una folla enorme si riunisce al canto dell’Internazionale, scandendo lo slogan «Indipendenza, libertà, Nagy al potere». Un gruppo di giovani operai abbatte l’enorme statua di Stalin. Si forma poi un corteo, che va ingrossandosi per l’arrivo degli operai che escono dalle fabbriche. I dirigenti del partito, in preda al panico, rivolgono un appello alle truppe sovietiche. Ne seguono degli scontri armati (cui partecipa una parte dell’esercito ungherese schieratasi con gli insorti) con le unità dell’AVH [Államvédelmi Hatóság: Autorità di difesa dello Stato, la polizia politica] e, il 24, la proclamazione dello sciopero generale. A questo punto la direzione del partito si risolve a richiamare Nagy, l’unico esponente politico che godesse della fiducia popolare, mentre arrivano a Budapest dirigenti sovietici che impongono come segretario del MDP János Kádár (stalinista fedele, che però era stato colpito dalla repressione sotto Rákosi).

A partire dal 24 ottobre in tutto il Paese cominciano a formarsi comitati rivoluzionari e consigli operai che, soprattutto in provincia, a volte assumono il controllo delle amministrazioni locali. Nagy si sforza di ripristinare la calma e di rassicurare i sovietici, senza reprimere il movimento popolare. Le truppe sovietiche lasciano così Budapest: è stabilito che i resistenti consegnino le armi, ma molti rifiutano di farlo. Comitati e consigli si formano ormai in tutto il Paese.

György Lukács, uno dei maggiori teorici marxisti, entrato a far parte del governo di Nagy, ha definito questi avvenimenti, correttamente, come una «rivolta». Ha sottolineato come le due settimane decisive (dal 23 ottobre al 4 novembre, quando le truppe sovietiche sono tornate) abbiano visto l’emergere di forze sociali molto diversificate. I loro protagonisti principali sono stati, sotto il profilo sociologico, gli studenti e, soprattutto, i giovani operai, molto attivi nei gruppi armati.

All’interno del movimento operavano però anche elementi che si richiamavano al regime di Horthy [dittatore d’estrema destra, «reggente dell’Ungheria» nel 1920-1940], ben rappresentati dal cardinale Mindszenty [massimo dignitario della Chiesa ungherese]. Nel nuovo clima di libertà, tutte le opinioni potevano essere espresse, comprese quelle d’estrema destra. E quest’ultime si sono concretizzate il 30 ottobre in piazza Köztársaság, quando la sede del Comitato di Budapest del MDP è stata attaccata e i suoi occupanti massacrati dopo essersi arresi, compreso il collaboratore di Nagy, Imre Mező.

Le strade di Nagy e di Kádár dovevano ormai separarsi. Nagy acconsente alle richieste popolari, pur invitando alla ripresa del lavoro. Si instaura il multipartitismo e l’Ungheria si dichiara neutrale, ma in seno alla popolazione la maggioranza è favorevole al mantenimento del socialismo, anche se vi sono all’opera elementi anticomunisti. Quanto a Kádár, si pone al servizio dei sovietici, le cui truppe rientrano in Ungheria il 2 novembre, arrivando a Budapest il 4. Krusciov e la direzione sovietica hanno infatti deciso d’agire per cancellare il «cattivo esempio» ungherese, tanto più che il contesto internazionale è loro favorevole, a causa dell’intervento militare israeliano, francese e britannico contro l’Egitto in seguito alla nazionalizzazione del canale di Suez.

La resistenza armata durerà, in certi quartieri industriali della Grande Budapest, sino all’11 novembre. Il numero dei morti verrà stimato fra i 2500 e i 3000; inoltre, solo a Budapest i feriti che hanno dovuto essere curati furono 13.000, per l’80% operai. Dopo la sconfitta dell’insurrezione, comunque, i consigli operai riuscirono a opporre una resistenza attiva sino alla metà di dicembre.

* Tamás Krausz è uno storico ungherese e insegna all’università di Budapest. Èautore, oltre che di articoli e saggi, di numerosi studi sul movimento operaio, dei quali almeno uno è stato tradotto in inglese: Reconstructing Lenin: An Intellectual Biography (Monthly Review Press, 2014).

Traduzione di cristiano Dan

CRONOLOGIA ESSENZIALE

Per capire le premesse dell’esplosione dell’Ungheria “socialista”

a cura di Antonio Moscato

1944

9 ottobre. A Mosca incontro Churchill-Stalin. Si definisce la divisione dell’Europa in zone di influenza. Per l’Ungheria Churchill ha proposto un 50%-50%.

15 ottobre. Il reggente Horthy, di fronte all’avanzata sovietica, firma un armistizio. Le truppe ungheresi si uniscono all’ Armata rossa. I nazisti sostituiscono Horthy col capo delle «croci frecciate», Szalasi.

Dicembre. Conferenza del Fronte per l’indipendenza a Szeged e costituzione di una Assemblea nazionale a Debrecen. Governo di coalizione tra i partiti antifascisti, compreso il comunista.

1945

Gennaio. Conferenza di Yalta.

23 febbraio. Rákosi eletto segretario del Partito comunista.

Marzo. Riforma agraria (limite massimo 56 ettari, 112 se il proprietario la coltiva direttamente; esproprio totale delle terre di fascisti e collaborazionisti) .

4 novembre. Elezioni politiche: 57,5% e 245 seggi ai piccoli proprietari, 17,4% e 69 seggi ai socialdemocratici, 17% e 70 seggi ai comunisti, 6,8% e 23 seggi ai nazionalcontadini. Governo di coalizione presieduto da Z. Tildy (piccoli proprietari) con 7 ministri del suo partito, 4 socialdemocratici, 4 comunisti.

1946

1 febbraio. Proclamazione della Repubblica. Tildy presidente, Ferenc Nagy, del suo stesso partito, diviene capo del governo.

Marzo. Manifestazioni di piazza organizzate dai comunisti costringono il partito dei piccoli proprietari ad espellere 23 deputati dell’ala destra (che formano il Partito della libertà, che sarà sciolto l’anno dopo).

Nel corso dell’anno drastica riforma monetaria e nazionalizzazione dell’industria pesante.

1947

Trattato di pace a Parigi (confermate le frontiere definite nel 1920 dal Trattato del Trianon). Béla Kovács, segretario generale del partito dei piccoli proprietari viene accusato di complotto contro la Repubblica. Il parlamento rifiuta l’autorizzazione a procedere, ma i sovietici lo arrestano ugualmente (lo libereranno nel 1956).

Maggio. Il presidente del Consiglio Ferenc Nagy, in visita in Svizzera, viene accusato di complicità con Kovács e costretto a dimettersi, rimanendo in esilio.

Luglio. Viene sciolto il Partito della libertà, i cui membri e deputati, con altri, costituiscono il Partito dell’indipendenza. Durerà pochi mesi. Nelle elezioni del 31 agosto, comunque, ottiene il 14,4% dei voti e 49 deputati. I comunisti, pur saldamente installati al ministero degli Interni, arrivano appena al 21,5% dei voti (100 deputati). Il Partito dei piccoli proprietari, scosso da tante scissioni, mantiene solo il 15,2% dei voti (68 seggi); 36 deputati (8,7%) vanno al Partito nazionale contadino; 60 seggi (16,1) al Partito popolare democratico.

1948

Uno dopo l’altro i partiti della coalizione vengono distrutti, arrestandone i dirigenti o costringendoli all’esilio. Unificazione tra comunisti e socialisti (chi non è d’accordo, va in galera). Arresto del presidente della Repubblica e del primate cattolico Joszef Mindszenty (sarà condannato all’ergastolo). In agosto Rajk è sostituito da Kádár al ministero degli Interni.

1949

1 febbraio. Costituito il Fronte popolare per l’indipendenza, in vista delle elezioni politiche di maggio. Laszlo Rajk ne diviene segretario.

15 maggio. Il Fronte, senza concorrenti, ottiene il 96,3% dei voti validi.

18 maggio. Rajk scompare. Sarà processato come capo di un “gruppo spionistico trotskista” e condannato a morte con altri imputati; in ottobre Kállai prende il suo posto agli Esteri

1950

Gennaio. Primo piano quinquennale, con forte sviluppo dell’industria pesante e della collettivizzazione nelle campagne. Sono state nazionalizzate le imprese con più di dieci operai.

Aprile. Il presidente della Repubblica, Szakasits, si dimette “per ragioni di salute” e viene subito dopo condannato all’ergastolo.

Giugno. Kádár si dimette da ministro degli Interni (sostituito da Sándor Zold).

Agosto. Accordo con la Chiesa cattolica, che ottiene sussidi e l’autorizzazione a gestire alcune scuole.

1951

Maggio. Arrestati Kádár, Kallai, Zold e molti altri. Deportazioni di parte delle popolazioni urbane verso le campagne.

Giugno. Viene arrestato l’arcivescovo Grösz, che fa le funzioni di primate. Condannato a 15 anni per complotto e “contrabbando”. Subito dopo il clero giura fedeltà al regime.

1952

Vengono nazionalizzate anche le case di abitazione.

Agosto. Rákosi, già segretario del partito, assume anche la presidenza del Consiglio.

Dicembre. Viene arrestato il capo dei servizi segreti (di origine ebraica e unico dirigente comunista non formato a Mosca ancora libero), Gábor Péter. Il collegamento con “l’affare dei medici” del Cremlino è inequivocabile.

1953

marzo. Muore Stalin.

13-14 giugno. Incontro a Mosca tra i dirigenti sovietici e quelli ungheresi, fortemente criticati, soprattutto da Berija. Vengono proposte alcune riforme, la liberazione dei prigionieri politici, la riconversione di parte dell’industria pesante per rilanciare la produzione di beni di consumo, la divisione del potere (chiamando Imre Nagy alla presidenza del consiglio).

17 giugno. Comincia tuttavia la sollevazione di Berlino contro le truppe sovietiche. Berija, al ritorno da Berlino a Mosca, viene arrestato.

Rákosi, nel nuovo clima, ottiene che non sia resa pubblica la risoluzione preparata da Nagy e severamente critica contro la “cricca” che ha governato l’Ungheria. Vengono comunque attuate parte delle decisioni prese, e si sviluppa un movimento rinnovatore in seno all’Associazione degli scrittori, dopo una serie di viaggi-inchiesta nel paese.

1954

Nagy porta avanti un moderato rinnovamento, appoggiato dal paese, ma boicottato dall’apparato, saldamente nelle mani di Rákosi e Gerő.

Nell’estate vengono liberati diversi prigionieri politici, comunisti (Kádár, Kállai, ecc.) e non.

1955

Gennaio. Quarto viaggio di Rákosi e Nagy a Mosca. Questa volta non è Rákosi a essere criticato, ma Nagy, per “nazionalismo” e “deviazionismo di destra”. Nagy rifiuta l’autocritica.

Febbraio. Viene destituito Malenkov, capo del governo sovietico. Nagy ha un infarto, non grave, ma sufficiente a tenerlo lontano qualche settimana dalla vita attiva. I suoi nemici approfittano della situazione per destituirlo (in aprile sarà anche privato di ogni incarico e in dicembre espulso dal partito). Al suo posto va il giovane András Hegedüs.

Maggio. L’Ungheria firma il Patto di Varsavia (con una clausola che consente alle truppe sovietiche di rimanere nel paese, anche dopo la fine dell’occupazione dell’ Austria, che giustificava inizialmente la loro presenza per “esigenze di collegamento”).

Nello stesso mese una delegazione sovietica si reca in Jugoslavia, cancellando la vecchia scomunica.

Giugno. Una riunione riservata del Comitato centrale del Partito dei lavoratori riabilita parzialmente Rajk.

Ottobre viene sequestrata la “Irodalmi Ujság” (Gazzetta letteraria), che è divenuta lo strumento del dissenso. Sostituzioni, arresti ed espulsioni dal partito di giornalisti vicini a Nagy.

1956

Febbraio. XX Congresso del PCUS. Denuncia di Stalin. Riabilitazione di Béla Kun, il dirigente comunista che aveva guidato la Repubblica dei consigli del 1919, era stato poi vittima di Stalin e cancellato dalla memoria della nuova Ungheria. L’organo comunista ungherese pubblica integralmente l’enfatica riabilitazione apparsa sulla “Pravda”.

Marzo. Rákosi, spiega al Comitato centrale che le decisioni del XX Congresso sono già state applicate in Ungheria, ma che bisogna “andare avanti” sul piano della “legalità socialista”. Si sviluppa intanto l’attività del Circolo Petöfi, che attira studenti e operai.

27 marzo. Rákosi ammette pubblicamente che Rajk era innocente, e attribuisce a Gábor Péter ogni responsabilità della montatura poliziesca. Il 29 viene scarcerato l’ex presidente della Repubblica Szakasits.

Aprile-maggio. Vengono scarcerati molti altri dirigenti.

Maggio- giugno il Circolo Petöfi tocca sempre più temi politici, con un successo di folla sorprendente.

18 giugno. Viene acclamata la vedova di Rajk che chiede giustizia. Il 27 Tibor Déry chiede la riabilitazione di Nagy. Rákosi comincia ad ammettere parziali responsabilità.

28 giugno. Scioperi e manifestazioni operaie a Poznan represse nel sangue dalla polizia polacca. Il gruppo dirigente sovietico è preoccupato per le ripercussioni delle critiche a Stalin nei paesi del blocco. Intanto Déry e altri vengono espulsi dal partito, e viene condannato il Circolo Petöfi.

Luglio. Arriva Mikojan da Mosca, per organizzare la successione a Rákosi. Viene proposto Hegedüs, che rifiuta. I

18-21 luglio. Rákosi si dimette e si ritira in URSS, sostituito da Gerő (affiancato da Kádár).

17 settembre. L’Associazione degli scrittori rivendica la totale libertà di espressione, elegge a scrutinio segreto e democratico i suoi dirigenti, e si schiera per il ritorno di Nagy.

4 ottobre. L’organo del partito pubblica una lettera di Imre Nagy che chiede la riammissione. Due giorni dopo solenni funerali di Rajk, con una grande folla commossa che chiede giustizia. Il 13 ottobre Nagy è riammesso nel partito, mentre viene arrestato Farkas, che dovrebbe fare da capro espiatorio per i crimini dell’epoca Rákosi. Funerali di altre vittime dello stalinismo. Gerő parte per la Jugoslavia il 15 ottobre e vi rimarrà fino al 22 ottobre, mentre sale la tensione a Budapest. Il 19 ottobre inizia il Plenum del partito polacco, che si conclude con l’elezione del “revisionista” Gomulka, che attribuisce i fatti di Poznan al malcontento operaio anziché al “complotto imperialista” della prima versione ufficiale. Grande attesa a Budapest. Il 22 ottobre una grande assemblea al Politecnico di Budapest vota 16 punti per il rinnovamento democratico del paese, e convoca per il giorno successivo una manifestazione di solidarietà con Gomulka.

23 ottobre. La manifestazione viene appoggiata da tutta la stampa, ormai in mano ai redattori, contagiati dal clima generale. Il governo vieta la manifestazione, poi la autorizza all’ultimo momento. Mentre la folla invade il centro e si reca alla radio per chiedere la trasmissione dei “16 punti”, la radio trasmette un discorso insultante e provocatorio di Gerő. Intanto vengono distrutte la statua gigante di Stalin e le librerie sovietiche. Davanti alla radio, la polizia spara sulla folla disarmata. È l’avvio dell’insurrezione, subito alimentata dagli operai delle fabbriche di armi, dai volontari della difesa e da parte dello stesso esercito, che rifiuta di sparare e fornisce armi, o si unisce direttamente agli insorti.

24 ottobre. Nagy è alla testa del governo, ma Hegedüs ha intanto firmato una richiesta di intervento sovietico, provocando la radicalizzazione dello scontro. Suslov e Mikojan arrivano da Mosca per concordare un ricambio. Il 25 viene allontanato Gerő, ma a fianco di Kádár (nuovo segretario) ci sono sia rinnovatori, sia una parte dei seguaci di Rákosi, che rimangono anche nel governo Nagy. Sorgono ovunque consigli operai, e nascono molte radio libere. Il 28 ottobre governo e partito riconoscono il carattere nazionale e democratico dell’insurrezione, vittoriosa quasi ovunque. Il partito annuncia la sua prossima rifondazione. Il 30 arrivano nuovamente da Mosca Mikojan e Suslov. Il governo viene intanto allargato ai partiti ricostituiti, sul modello della coalizione del 1945-1948. Bande di ex galeotti attaccano intanto la sede del partito a Budapest, mentre “Radio Europa Libera”, a cui si attribuisce erroneamente il ruolo di portavoce del governo USA, denuncia incessantemente Nagy come servo di Mosca travestito, e rifiuta qualsiasi stabilizzazione. Il 29 è cominciata l’invasione israeliana dell’Egitto, concordata con i franco-britannici, che si preparano a intervenire successivamente come “forza di pace”. Il 30 ottobre le truppe sovietiche si ritirano da Budapest.

10 novembre. Nagy, di fronte alle voci di nuovi arrivi di truppe sovietiche, denuncia il Patto di Varsavia, chiedendo all’ONU di garantire neutralità e indipendenza dell’Ungheria. Viene annunciato da Kádár la costituzione del nuovo Partito operaio socialista ungherese, con un discorso in cui si esalta la “gloriosa insurrezione”. Chruščëv intanto discute con dirigenti cinesi e polacchi (e il giorno dopo con lo stesso Tito) per ottenere l’assenso a una soluzione militare. Kádár (sparito da Budapest fin dalla sera del  novembre), il 3novembre viene definitivamente convinto ad appoggiare l’URSS. Il 4 novembre l’Armata rossa entra a Budapest in forze e in meno di una settimana impone il suo ordine. Contemporaneamente vengono lanciati paracadutisti francesi e britannici sul Canale di Suez. Nagy si rifugia con altri dirigenti nell’Ambasciata jugoslava, da cui sarà fatto uscire con un falso salvacondotto il 22. Appena uscito dall’Ambasciata viene sequestrato dai sovietici e portato in Romania. (Falliti tutti i tentativi di ottenere da lui una ritrattazione delle sue idee e una dichiarazione di riconoscimento del regime di Kádár, verrà processato a porte chiuse e ucciso, nel giugno 1958). 9 dicembre. Viene sciolto il Consiglio operaio centrale e i suoi dirigenti, attirati fuori dalle fabbriche che li proteggono col pretesto di un incontro in parlamento, vengono arrestati nei giorni successivi. La repressione sarà particolarmente feroce nel corso del 1957 e del 1958; moltissimi ungheresi (circa duecentomila) sono costretti a fuggire in Occidente (a.m.)

 

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