UNITA’ PER IL CONFLITTO

Per l’unità di base del sindacalismo conflittuale, per un autunno di lotte

Le vicende della Grecia testimoniano inequivocabilmente il grado di irriformabilità di questa Unione Europea, strumento di governo dell’economia capitalista in questa fase. Al popolo greco, con il nuovo memorandum, è stata persino sottratta la sovranità sul patrimonio pubblico, sulle sue politiche economiche e sociali. Uno schiaffo al voto che chiedeva la fine del rigore economico. Un’umiliazione imposta ai greci come monito generale per tutti i paesi che si apprestano a votare nei prossimi mesi. E’ il valore stesso del suffragio universale ad essere messo in discussione in Europa. La sconfitta del tentativo del popolo greco dimostra che l’uscita dalle politiche d’austerità passa solo attraverso una rottura netta e radicale della UE, dei suoi trattati, del suo dogma ultra liberista a difesa dei profitti. Tuttavia la partita sul terreno sociale e politico, con la maggioranza del comitato centrale di Syriza contro l’accordo, appare ancora aperta. Il profondo isolamento del tentativo del popolo greco di sottrarsi al giogo della Troika chiama in causa in primo luogo il movimento sindacale europeo, spettatore passivo quando non complice delle politiche della UE. Il tema della consultazione popolare, del voto, sull’accettazione o meno dei dettami dell’unione europea si impone in tutta Europa. La Grecia testimonia anche l’urgenza della ripresa della mobilitazioni a carattere europeo. Nel nostro paese l’approvazione dell’ennesima controriforma della scuola, la buona scuola di Renzi, è stata resa possibile dalla mancata generalizzazione del movimento di lotta che in maniera impetuosa era cresciuto negli ultimi mesi, andando ben oltre i confini di categoria. E’ mancata la proclamazione di uno sciopero generale da parte della Cgil su una battaglia che poteva essere vinta e che si può ancora vincere nei prossimi mesi. Ed è proprio di una ripresa generalizzata delle mobilitazioni quello di cui c’è un bisogno estremo. Dal blocco generalizzato dei contratti nazionali, agli effetti devastanti del Jobs Act, al crescere delle disoccupazione di massa, al perdurare delle politiche di taglio della spesa pubblica e sociale, serve la ripresa del conflitto. Il padronato pretende oggi, dopo aver incassato il Jobs Act, un nuovo accordo sul modello contrattuale che sancisca la fine del contratto nazionale a favore della contrattazione aziendale di ricatto, variabile dipendente dei profitti e dei bisogni d’impresa. E’ grave che la CGIL abbia avviato una trattativa informale con Confindustria CISL e UIL , senza mandato alcuno, senza aver deciso collegialmente se e come avviare una trattativa, senza aver definito obbiettivi e modalità di gestione con i lavoratori e le lavoratrici. Democrazia, rappresentanza e diritto di sciopero, siamo davanti al tentativo di istituzionalizzare il modello corporativo avanzato dal testo unico del 10 gennaio per liquidare le libertà sindacali e la contrattazione. Quel tavolo va pertanto interrotto e va convocato subito il direttivo nazionale CGIL. Per le stesse ragioni si deve interrompere il tavolo permanente sulle pensioni costituito presso l’INPS. Il mondo del lavoro ha bisogno di costruire una propria piattaforma generale per rispondere al perdurare dell’attacco padronale e del governo. Salari, pensioni,riduzione orari a parità salario, difesa e rilancio stato sociale.
Renzi può essere sconfitto se si fa davvero nei suoi confronti, se si ricostruisce la resistenza sociale. Il quadro di profonda crisi e passività della CGIL dopo la sconfitta subita sul Jobs Act produce ogni giorno di più pratiche sindacali di adeguamento e di restituzione di diritti e salari. Cresce la rabbia, la rassegnazione e la disillusione tra i quadri e gli attivisti. Mai è stata così distante la discussione e l’iniziativa sindacale della Cgil dai bisogni dei lavoratori. Due sono le linee prevalenti nella in Cgil, entrambe non condivisibili, entrambe rappresentazione della stessa crisi. Da una parte Camusso propone l’unita strategica di vertice con Cisl e Uil, unità burocratica costruita sul modello del 10 gennaio. Unità nemica del conflitto sociale, dell’indipendenza e della democrazia sindacale. Dall’altra la proposta di Landini di coalizione sociale, dichiarata incomprensibilmente non alternativa all’unità di CGIL CISL UIL, appare priva della necessaria volontà di resistenza sociale, di produzione di pratiche di conflitto fondate in primo luogo sulle vertenze sindacali, sui bisogni sociali. Un progetto che non mette all’ordine del giorno la rottura del modello sociale e politico costruito intorno al governo, al collateralismo ed alla complicità sindacale non è un progetto che va nella direzione giusta. Il prossimo autunno siamo chiamati ad essere parte della ricostruzione di un vasto fronte sociale di mobilitazione contro le politiche del governo e del padronato. Il sindacalismo conflittuale in tutte le sue forme, dentro e fuori la CGIL, è chiamato a sperimentare forme di unità d’azione, di lotta a livello di base. Costruire luoghi e forme di quell’intersindacalità che mette assieme le migliori energie indipendentemente e oltre l’organizzazione di appartenenza. La vertenza del mondo della scuola ha dimostrato che ciò è possibile. Questa è una proposta rivolta a tutte le forze del sindacalismo conflittuale e di classe, a tutti e tutte coloro che vogliono riprendersi la parola e riconquistare ciò che ci hanno sottratto.

L’Esecutivo nazionale del “Il sindacato è un’altra cosa – opposizione CGIL”

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