UN ALTRO MANDELA

Il concerto planetario di lodi per celebrare la memoria di Nelson Mandela non permette di cogliere il percorso di un combattente politico di primo piano, diventato presidente di un paese nel quale le disuguaglianze sociali sono cresciute.

 

Le relazioni della Svizzera ufficiale – grandi azionisti, dirigenti d’imprese e autorità politiche – con il Sudafrica accompagnano il percorso di Nelson Mandale. La Svizzera ufficiale ha sostenuto, a partire dal 1948 e dall’instaurazione metodica del regime dell’apartheid, le tesi governative soggiacenti la costruzione dell’oppressione razziale e i suoi obiettivi: protezione della civiltà bianca, forza lavoro a basso costo, sviluppo industriale e minerario, repressione feroce, arresti, torture, assassini di massa. I grandi dirigenti della piccola Svizzera non hanno dovuto sforzarsi molto per ammirare questo piccolo popolo boero, stretto fra le terribili forze nere del Sud del continente e gli arroganti coloni inglesi. Buona parte della mitologia boera collimava con il mito dell’identità – costruita artificialmente – elvetica. Se questi due cerchi erano fatti per comprendersi, hanno fatto di tutto per sviluppare questa comprensione mutuale, attraverso decenni di coesistenza e di collaborazione. Caduto il regime, bisognava organizzare la svolta. Mandela li ha aiutati.

Mandela e i banchieri

Il 2 settembre 1997, Nelson Mandela è a Zurigo. È invitato a esprimersi davanti la discreta ma efficace Swiss-South African Association. Un’associazione fondata da grandi azionisti (Schmidheiny, Schindler, Bührle, ecc.), da banchieri di alto livello e da direttori delle più grandi imprese svizzere. È vero, qualche hanno prima, le stesse élites svizzere trattavano Mandela di terrorista. Ma le cose sono cambiate. L’invito a Mandela mira a due obiettivi: ottenere l’assoluzione da parte del dirigente sudafricano per il loro passato collaborazionista con il regime; in secondo luogo, si tratta di preparare la continuazione degli investimenti svizzeri in Sudafrica, ciò che rende necessario conoscere nel dettaglio la politica dell’African National Congres (ANC) di Mandela in materia di economia e finanza.

Un altro Mandela

Durante questa giornata, Mandela spiega gli sforzi del suo governo per creare un’economia sudafricana aperta, liberale e capace di difendere gli investimenti. Mandela indica che in Sudafrica, «le tariffe doganali sono stato ridotte, in certi casi anche al di sotto delle soglie imposte dall’OMC». Esprime pure la sua volontà di «ristrutturare lo Stato». «Le trattative sulla privatizzazione della compagnia aerea interna SunAir e della società nazionale Airports Company sono a uno stadio avanzato». «Andiamo verso una zona di libero scambio con un mercato di 150 milioni di abitanti», promette il vecchio prigioniero politico. «Siamo incoraggiati dal fatto che la Svizzera è uno dei nostri più importanti investitori stranieri, in particolare grazie all’aumento degli investimenti a partire dalle elezioni del 1994 (le prime elezioni libere in Sudafrica)». Per concludere, Madiba fa appello a tutte le buone volontà: «Le opportunità commerciali e per degli investimenti redditizi sono immense in Sudafrica e nell’Africa australe. Raggiungeteci come partners per la crescita, lo sviluppo e la prosperità».
Queste parole suonano soavi nelle orecchie degli azionisti e padroni svizzeri. Innanzitutto, la svolta neoliberista della politica sudafricana è chiaramente confermata da Mandela. Ciò che è sempre rassicurante per degli investitori che temono, a inizio degli anni 1990, di trovarsi confrontati a un comunista. In secondo luogo, se Mandela, il simbolo stesso della lotta anti-apartheid, non ritorna un solo secondo sul sostegno delle élites elvetiche al precedente regime e “smacchia” così banchieri, industriali dalle loro scelte passate, nessuno oserà più rimproverare questo passato ai dirigenti elvetici. Visto quanto successo con i fondi ebraici, l’assoluzione vale oro (sudafricano…).

A Davos invece che dai militanti

Quando Mandela è venuto in Svizzera, è dunque andato a vedere questi grandi azionisti e banchieri. La prima volta, era andato al Forum di Davos. Coloro che hanno manifestato, in Svizzera, contro l’apartheid e organizzato il boicotto dei banchieri svizzeri o dei prodotti sudafricani per fare cadere il regime razzista, non hanno ricevuto questo onore…

David Gygax

(L’Anticapitaliste, numero 102, 12 dicembre 2013)

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