CILE: CHI TACEVA HA PARLATO ….

…. E IL NO E’ STATO MASSICCIO

Come spiegare questo rifiuto massiccio del nuovo testo Costituzionale dopo che, nel 2020, 79% dei Cileni avevano plebiscitato la necessità di una nuova Costituzione?

L’ampia vittoria del “rechazo”, del rifiuto, è una sorpresa, anche per gli istituti di sondaggio. Sono parecchi i fattori che la possono spiegare. Il primo è la campagna particolarmente attiva sviluppata dai media e dai settori conservatori contro la nuova Costituzione. Son state messe in giro talmente tante fake news che l’opinione pubblica non ne è uscita indenne. Ho potuto rendermene direttamente conto chiacchierando per le strade con gente convinta che gli avrebbero confiscato la casa o che parte dei lasciti ereditari sarebbe stata arraffata dallo Stato.

E c’è anche il fatto che una spiegazione di cosa fosse questa Convenzione costituzionale non è mai arrivata negli strati più bassi della società. Tutte le discussioni sui passi in avanti possibili, sulla protezione sociale, sui diritti fondamentali, sulla riappropriazione dell’acqua, sui diritti fondamentali, son restate limitate alle alte sfere della società.

Com’è andata la campagna referendaria?

È stata particolarmente polarizzata. Stampato a cura del governo, il che ha suscitato polemiche, il testo stesso della Costituzione è stato distribuito assai tardi.

C’è poi stato un trattamento asimmetrico del testo costituzionale da parte dei media. I” Costituenti”, cioè quanti hanno partecipato all’elaborazione del progetto, ritengono per questa che si tratti di una sconfitta mediatica, anche se io penso che la cosa sia più profonda: si tratta di fatto di un’importante sconfitta politica del governo.

Questo risultato contiene elementi di sanzione contro Gabriel Boric. Anche guardando ai sondaggi, egli ha perso grande parte dei sostegni che aveva precedentemente e la disillusione è grande addirittura in seno alla sinistra cilena.

D’altronde, è proprio Alberto Kast, il leader d’estrema destra che ha descritto il risultato del voto come la sconfitta di Gabriel Boric…

Sì, e su questo non gli si può dar torto. D’altra parte, in filigrana, Boric l’ha riconosciuto lui stesso al momento dell’annuncio dei risultati, definendo necessaria un’autocritica. Sarà magari anche una frase di circostanza, però si tratta di fatto di una sconfitta politica che avrà effetti considerevoli sul seguito del suo mandato.

Ultimo elemento da prendere in considerazione, è l’effetto del sistema elettorale. Per la prima volta in Cile, il voto era obbligatorio. Non dimentichiamo che l’immensa maggioranza espressasi nel 2020 a favore di una nuova Costituzione aveva sofferto dell’astensione che, in certe zone del paese, aveva sfiorato 60%. Tutto questo corpo elettorale silenzioso – coloro che tacevano – si è espresso questo settembre ed ha massicciamente scelto il rifiuto.

Un testo costituzionale troppo radicale?

La questione dei diritti delle popolazioni indigene ha avuto un impatto indiscutibile sui settori conservatori e centristi. Addirittura c’era chi spiegava che i nuovi diritti territoriali per le popolazioni originarie sarebbero stati più importanti dei diritti dei Cileni stessi e che riconoscere la plurinazionalità avrebbe diviso il paese. Ancora delle fakes news...

Il problema dell’alloggio e della proprietà individuale ha pure dato adito a tali logiche. Il testo costituzionale insisteva sul rafforzamento del sistema degli alloggi popolari e dell’intervento pubblico in materia di costruzione di case. Ma questo è stato contrabbandato come la fine della proprietà privata…

Sullo stesso tema, i dibattiti sulla soppressione del Senato e sul nuovo ruolo del Parlamento non hanno preso la stessa importanza.

Cosa ci dice questo risultato a proposito della società cilena?

È la conferma di quanto già visto con le ultime elezioni: nei centri urbani ed in particolar modo a Santiago, il voto è stato piuttosto progressista e favorevole alla nuova Costituzione. Nel Nord, la crisi migratoria e la violenza delle cosche criminali hanno molto pesato in favore del rechazo, del rifiuto, mentre, al Sud, le rivendicazioni dei Mapuche – letteralmente “popolo della terra”, i Mapuche rappresentano 1,7 milioni di persone su 19 milioni di abitanti – ed il conflitto in corso hanno radicalizzato le posizioni.

La frattura è dunque enorme tra centri urbani e regioni rurali, tra Nord e Sud da un lato e centro del paese, dall’altro. Esistono comunque forti contraddizioni. A Petorca, per esempio, un piccolo comune confrontato con una durissima crisi di approvigionamento in acqua potabile, si è votato per il rifiuto della Costituzione, malgrado il fatto che quest’ultima affermasse il diritto all’acqua e l’acqua stessa quali beni comuni, una rivendicazione storica dei movimenti sociali di questo Comune. Di fatto, una grande parte della popolazione non ha visto l’interesse del nuovo testo…

Si può quindi affermare che l’opinione pubblica resta in maggioranza conservatrice?

Chiaramente. È questo, d’altronde, un elemento che merita di essere analizzato a fondo: se, nell’ottobre del 2019 una profonda rivolta popolare ha scosso il Cile, ci si rende conto oggi della portata delle reticenze nel corpo sociale.

L’avevamo già visto con il fatto che Antonio Kast, candidato dell’estrema destra alle elezioni presidenziali, fosse arrivato, nella sorpresa generale, in testa al primo turno. Messa da parte la destra tradizionale, è l’estrema destra che si è manifestata arrivando al secondo turno. Nel caso della Costituzione, l’estrema destra è stata capace di captare il malessere di parte della popolazione dando anche prova di intelligenza. Infatti, piuttosto che continuare ad incensare la Costituzione di Pinochet e a pretendere che in Cile tutto va bene, ha costruito una campagna incentrata sul rifiuto. Ma il loro è un rifiuto del progetto sottoposto al voto, non della necessità di una nuova Costituzione.

E i sostenitori del rechazo? Un blocco unico raggruppato dietro una sola bandiera politica?

L’insieme delle forze politiche era d’accordo di non chiudere la porta ad un cambiamento costituzionale, quale fosse la posizione di ciascuna di loro sul testo votato il 4 settembre. Ma, alla fin fine, il voto di rifiuto ricopre un arco di posizioni assai eterogenee che possono andare dalla rivendicazione di un ritorno alla Costituzione autoritaria del 1980 all’accettazione della necessità di un cambiamento, ma non quello rappresentato dal testo costituzionale considerato come estremo in materia di diritti fondamentali. C’era anche una parte dell’elettorato cattolico ostile, come gli Evangelici, all’iscrizione nella Costituzione del diritto all’aborto.

Da un certo punto di vista, si trattava di una Costituzione molto avanzata su tutta una serie di problematiche: così facendo, i Costituenti han finito per coalizzare contro di lei un ampio insieme di corpi sociali che, per ragioni diverse, hanno deciso di rifiutare la nuova Costituzione.

A cosa potrà assomigliare il “nuovo processo costituzionale” promesso da Boric dopo la sconfitta?

La risposta verrà nei prossimi giorni, ma è già chiaro ed evidente che i partiti tradizionali hanno ripreso in mano il gioco mentre, fino ad ora, il processo costituente era molto originale nel senso che ne facevano parte personalità indipendenti, rappresentanti dei movimenti sociali, femministe… Alcuni partiti han mal sopportato la cosa.

Così, d’ora in poi, sarà di nuovo il Congresso al centro del processo costituzionale. La cosa è peraltro paradossale proprio perché il Congresso conosce una profonda crisi di legittimità ed un rifiuto massiccio fra la popolazione.

Di fatto, il nuovo processo costituente potrebbe, anche se questo appare complicato, essere guidato da un comitato di esperti fino all’organizzazione di nuove elezioni di un’Assemblea costituente numericamente ridotta senza la partecipazione di persone indipendenti e rappresentanti dei movimenti sociali.

*Questa intervista a Franck Gaudichaud, titolare degli “studi latino-americani” presso l’Università Jean Jaurès di Tolosa, è stata realizzata il 6 settembre da TV5Monde. La traduzione in italiano è stata tradotta da Paolo Gilardi

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