I TURBAMENTI DI UN ONCOLOGO CUBANO

Una storia clinica dell’assassino di Trotzky

I turbamenti di un oncologo cubano raccontati da Leonardo Padura.

Ci son voluti moltissimi anni prima che il dottor Miguel Angel Azcue, rinomato oncologo cubano, finisse per sapere chi era veramente quel paziente al quale, nei primi mesi del 1978 aveva diagnosticato senza ombra di un dubbio un cancro della gola in fase molto avanzata. Anzi, è più che probabile che l’identità di quel vecchietto spagnolo dal colore olivastro, che gli fu presentato dal direttore dell’ospedale, Zoilo Marinello, lui non la dovesse mai conoscere. 

Ci volle un concorso di circostanze, che si sarebbe detto dettato da una forza superiore, interessata a rivelargli una storia tanto nascosta quanto inquietante, perché il dottor Azcue potesse, il 21 ottobre del 1978, finalmente sapere chi fosse in verità quell’enigmatico (capirete poi perché uso questo aggettivo) paziente.

La prima ed imprescindibile di queste circostanze senza la quale nulla sarebbe diventato effettivo, fu la morte, il 20 ottobre all’Avana, divorato dal cancro diagnosticato dal dottor Azcue, di Ramon Mercader del Rio, l’irreperibile assassino di Trotzky. Seconda circostanza imprescindibile fu il fatto che la notizia della morte di Mercader filtrò sulla stampa internazionale malgrado la ferrea cortina di silenzio e di anonimato imposta a Cuba. Neanche ci sarebbe bisogno di dire che invece, la stampa cubana mai parlò della morte dopo quattro anni di presenza a Cuba dello spagnolo che, nel 1940 assassinò violentemente il secondo grande uomo della Rivoluzione d’Ottobre.

Ci fu poi una successione di coincidenze tale da sorprendere il medico. Il 21 ottobre del 1978, il dottor Azcue ed il suo collega dottor Cuevas partirono dall’Avana con destinazione Buenos Aires dove dovevano partecipare ad un congresso di oncologia al quale erano stati invitati. Non ci fosse stato questo congresso, Azcue e Cuevitas -così era soprannominato lo sperimentato oncologo cubano- non si sarebbero trovati a bordo di un aero delle Aerolineas Argentinas, una delle compagnie che assicuravano il tragitto dall’Avana. Il fatto è che se, invece di viaggiare con la compagnia argentina, avessero preso posto su un aereo della Cubana de Aviacion, Azcue e Cuevas  non avrebbero mai saputo la verità, visto che i giornali distribuiti ai passeggeri variano da una compagnia all’altra: su Cubana de Aviacion, stampa cubana, sulle Aerolineas Argentinas, stampa argentina.

Come detto, la stampa cubana contribuì a mantenere Azcue nell’ignoranza dell’identità reale del morto per almeno un giorno, o più giorni o magari anche per sempre. Invece, la stampa argentina provocò in lui un certo sgomento: un titolone campeggiava sulle prime pagine: “Muore a Cuba l’assassino di Lev Trotzky”. Pubblicavano poi una foto di Ramon Mercader, cioè dello stesso paziente al quale lui e Cuevitas avevano diagnosticato alcuni mesi prima un cancro. Il riconoscimento fu confermato poi dal suo collega dell’Ospedale oncologico che, quasi a completare le coincidenze di questa storia, sedeva accanto a lui su un aereo delle Aerolineas Argentinas che distribuivano ai passeggeri giornali argentini e non cubani.

Però in realtà, la relazione del dottor Azcue con l’assassino di Trotzky era già incominciata trent’otto anni prima a Città del Messico quando, bambino, sentì suo padre dire che il leader sovietico era stato assassinato nella sua casa di Coyoacan. Nato in Spagna, Azcue era arrivato giovanissimo in Messico dove restò una ventina d’anni prima di trasferirsi a Cuba. Crebbe con una grande curiosità per quella storia che aveva commosso non solo suo padre, un repubblicano spagnolo, ma milioni di persone qua e la per il mondo.

Durante tutti quegli anni, dell’assassino di Trotzky seppe quanto sapevano tutti: che si chiamava Jacques Mornard (probabilmente una falsa identità), che si presentava come un trotzkista deluso -solo balle, come tutti sapevano-, che aveva ammazzato Trotzky con un piccone, con premeditazione e scaltrezza e che per quel crimine scontava venti anni di prigione. Niente di più.

Saranno poi stati l’aria di mistero, i silenzi, i complotti e gli inganni che ruotavano attorno alla figura dell’assassino, il fatto è che l’interesse di Azcue per quell’uomo rimase intatto: lo conservò in Messico e lo portò con sé a Cuba, vivace ma latente in un angolo della memoria. E stava sempre lì quando, dentro a quell’aereo aprendo il giornale scoprì una verità che lo turbò: a quell’assassino, lui, Azcue gli aveva parlato, lo aveva toccato ed aveva pure dovuto annunciargli una morte imminente.

Azcze ricordava in modo netto la sera in cui il dottor Zoilo Marinello gli presentò quel paziente. Il fatto che fosse il direttore stesso dell’ospedale a chiedergli, a lui ed ai suoi colleghi oncologi, di esaminare “con acume e saggezza” quel “suo” paziente spagnolo lo aveva molto incuriosito. C’è poi da dire che tutta la squadra medica fu molto sorpresa dall’apprendere dal Direttore che molti medici (non disse chi, né dove) avevano già esaminato il paziente senza però poter fare diagnosi precise: eppure, non era poi tanto difficile capire che il cancro alla gola lo stava ammazzando. Questa cosa, Azcue se la segnò.

Sorprendente fu anche il fatto che il trattamento -una rapida radioterapia- non fu somministrato all’Ospedale oncologico ma in un’altra istituzione; ciò continuò a tener viva la curiosità del medico; al contrario di quella di tanti altri pazienti che si confonde con le centinaia d’altri esaminati anno dopo anno, l’immagine di quel paziente rimase netta nella sua memoria.

Il senso della raccomandazione del direttore dell’ospedale incominciò a diventar chiaro dal momento in cui il dottor Miguel Angel Azcue venne a sapere la verità sul suo misterioso paziente. Il dottor Zoilo Marinello era un vecchio militante comunista, fratello del politico e saggista  Juan Marinello, uno dei leader più riconosciuti a Cuba del Partido Socialista Popular (comunista). Come poi seppe il medico, ma molto più tardi, Ramon Mercader e sua madre, Caridad del Rio, intrattenevano strettissime relazioni con alcuni di questi vecchi militanti comunisti cubani. Fra loro c’era proprio Juan Marinello, ma anche il musicista Harold Gratmages con il quale -ma questo, Azcue lo seppe molto, molto più tardi- Caridad lavorò quando Gratmages fu ambasciatore a Parigi. Dunque, se c’era qualcuno in grado di sapere chi fosse realmente quel “repubblicano spagnolo” malato di cancro, quel qualcuno era proprio Zoilo Marinello. Dunque, la raccomandazione del direttore dell’ospedale non era cosa di ordinaria amministrazione!

Anni e anni dopo aver saputo della morte di Mercader e della sua identità, il dottor Azcue fu di nuovo turbato da quell’oscuro personaggio. Successe nella zona montagnosa del centro dell’isola, nella Sierra di Escambray dove si trova un museo dedicato alla “lotta contro i banditi”, come fu chiamata la guerra di bassa intensità sviluppatasi in quelle montagne nei primi anni sessanta fra guerriglie opposte al sistema da un lato e le milizie e l’esercito rivoluzionario dall’altro. Tra le tante foto esposte in quel museo, ce n’è una di un gruppo di combattenti fra i quali un uomo che Azcue riconosce formalmente come Ramon Mercader! Possibile che, mentre tutti lo credevano a Mosca, Mercader collaborava a Cuba con i servizi speciali antiguerriglia cubani? Anche se la cosa sembrerebbe poco verosimile, per il dottor Azcue solo l’esistenza di un gemello di Mercader potrebbe escludere che il personaggio del Museo (di cui la legenda che accompagna la foto tace il nome) sia proprio Mercader.

Venticinque anni dopo la morte di Mercader, allorché incominciavo le ricerche preparatorie del mio racconto sull’assassino di Trotzky che avrei intitolato L’uomo che amava i cani (1), ebbi la sfortuna e la fortuna di far la conoscenza del dottor Miguel Angel Azcue. Il motivo dell’incontro fu doloroso e preoccupante: la biopsia realizzata dopo l’ablazione di una piccola verruca che mio padre aveva sul naso si rivelò positiva, cioè esistevano cellule cancerogene. Mi misi immediatamente in moto per vedere cosa si potesse fare per mio padre e, come sempre a Cuba, la prima opzione fu quella di cercare il cammino più diretto verso una soluzione, quello degli amici e delle conoscenze.

Così, scrissi ad un vecchio amico e compagno di studi che vive negli Stati Uniti dal 1989. Sua madre, che era stata vice-direttrice dell’ospedale oncologico diretto dal dottor Marinello era morta, ma dovevano pur esserci amici suoi nello staff dell’ospedale. Ed è così che, alcuni giorni dopo, accompagnai mio padre dal dottor Azcue il quale, sin dall’inizio, prese il caso a cuore -e qui sta il lato fortunato di tutta la storia- e gli salvò la vita.

E fu in margine di una di queste consultazioni che, dopo aver offerto alcuni dei miei libri al dottor Azcue a prova di una nascente amicizia extra-ospedaliera gli dissi che stavo preparando un racconto sull’assassino di Trotzky. Mi ricordo gli occhi di Azcue piantati nei miei mentre, sarcastico ed al contempo orgoglioso mi disse “Ebbene, quell’uomo lo conobbi e con lui ho una storia incredibile…

 

(1) Leonardo Padura Fuentes (1955), L’uomo che amava i cani, edizioni Tropea, 2010. Scrittore cubano
molto prolifico. Numerose opere sono state tradotte in italiano, tra cui: Elettra all’Avana, Eretici.

traduzione: Paolo Gilardi

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