L’ESPROPRIO URBANO IN EUROPA

di Stuart Hodkinson

Come rende deprimentemente chiaro questo puntuale articolo, lo sfratto forzato di persone dalle loro case – affittate, di proprietà oppure occupate – è in ascesa in Europa. Per certi versi l’Europa è arrivata tardi al partito globale degli sfratti che ogni anno vede milioni di persone espulse dall’alloggio in tutto il mondo.

Nel corso del ventesimo secolo le varie crisi nazionali degli alloggi che hanno afflitto la classe operaia industriale dell’Europa sono state gradualmente domate mediante l’intervento statale come parte di un più vasto accordo keynesiano che poneva il capitalismo occidentale su un corso più socialdemocratico. Il diritto dei possidenti di incassare rendite monopolistiche dalle masse prive di proprietà era temperato dalla creazione di un diritto popolare a un alloggio decente – e alla città più in generale – attraverso la parziale de-mercificazione del tetto. Ma oggi la socialdemocrazia è del tutto defunta dopo quarant’anni di politiche neoliberiste che hanno visto le società europee, e specialmente le loro città, radicalmente ristrutturate e ri-disciplinate su linee di libero mercato nell’interesse della speculazione finanziaria globale e dei consumi d’élite.

Sotto il neoliberismo i governi di tutta Europa – indipendentemente se cosiddetti di sinistra o di destra – hanno riportato indietro le protezioni dei cittadini dalle forze del mercato e hanno inaugurato nuove forme di offerta della casa basate sul mercato. Su scala urbana le politiche neoliberiste hanno spinto la ristrutturazione gentifricatrice delle aree urbane centrali attraverso progetti di mega-sviluppo esclusivi, diffusa liquidazione di edilizia popolare e a basso reddito e riduzione delle protezioni legali degli affittuari. Il neoliberismo ha anche esposto città e quartieri alle dinamiche distruttive della corsa al ribasso della competizione interurbana per i posti di lavoro e gli investimenti. Il risultato è la continua mercificazione dello spazio pubblico e la creazione di nuovi spazi urbani esclusivi di consumo d’èlite in cui quelle popolazioni in esubero prive di un sufficiente valore di mercato – lavoratori o consumatori – devono essere, nelle parole di Saskia Sassen, espulse con discrezione o a forza.

Le nuove recintazioni urbane

Collegare le espulsioni con gli espropri sotto la neoliberalizzazione delle nostre città fa parte di un processo più vasto che ho definito nuove recintazioni urbane. Il termine recintazione collega gli atti storici di esproprio rurale che aprirono la via alla nascita della città capitalista agli atti odierni di esproprio urbano che accompagnano l’urbanesimo neoliberista. Durante le recintazioni originali in Europa fu la classe contadina a essere separata, spesso violentemente, dai mezzi di (ri)produzione e spinta col tempo come massa di proletariato senza terra nei ranghi in crescita dei centri in via di industrializzazione e urbanizzazione. Furono le vittime di una massiccia appropriazione di terreni statali e della chiesa – e dell’associata ricchezza naturale di preziose risorse – nelle mani private di singoli latifondisti, generando la concentrazione e l’espansione del potere della classe possidente. La recintazione incluse e incorporò ideologicamente anche il valore culturale finale della società capitalista: la sacralità e l’inviolabilità dei diritti della proprietà privata.

Anche se queste vecchie recintazioni sono vivissime oggi negli spazi proto-capitalisti del Sud Globale, ciò che impressiona riguardo alla vita urbana nell’Europa contemporanea e in altri paesi centrali del capitalismo è come nuovi atti di recintazione ed esproprio punteggino la ristrutturazione delle città. La recintazione abbonda nella “privatizzazione” di spazi e servizi urbani già di proprietà pubblica e nella “picchettazione” della città stessa attraverso innumerevoli progetti residenziali, di uffici e di commercio al dettaglio che sia distruggono i valori d’uso e la qualità pubblica esistenti, sia attivamente “allontanano” ed “escludono” i poveri urbani dalla città. La recintazione si muove più insidiosamente attraverso la trasformazione societaria di enti e beni pubblici e il controllo revanscista dello spazio pubblico e la riduzione associata della sfera pubblica che sono divenute esperienze familiari delle strategie imprenditoriali urbane.

Comunque chiamare nuove le recintazioni urbane sotto il neoliberismo è in qualche misura fuorviante poiché sono semplicemente l’episodio più recente di una continua vicenda storica in cui il capitalismo reagisce alle crisi attraverso l’appropriazione di nuove risorse o l’estensione delle relazioni capitaliste. L’odierna crisi degli alloggi potrebbe essere fatta immediatamente risalire al crollo dei mutui ipotecari sub-prime statunitensi che ha scatenato la crisi finanziaria globale del 2008 e i successivi crolli del mercato immobiliare in molti paesi europei, ma ha radici molto più profonde nelle crisi economiche globali dagli anni ’70 in poi, che hanno scatenato un’ondata nuova e storicamente senza precedenti di recintazioni sotto il neoliberismo su scala planetaria mirate non semplicemente a individuare nuovi sbocchi di accumulazione, bensì a riorganizzare il processo stesso di accumulazione in modo da minare la sindacalizzazione collettiva e le lotte a base locale, deprimere i salari e rendere i lavoratori vulnerabili e precari e dunque più ossequienti al capitale. Questo duplice processo ha incluso la privatizzazione di industrie, settore e aree chiave della riproduzione sociale nei paesi capitalisti chiave nell’ambito di quella che David Harvey ha chiamato “accumulazione mediante espropriazione”.

L’accumulazione mediante espropriazione va al cuore della storia delle abitazioni sotto il neoliberismo. L’intervento dello stato dopo la guerra nel sistema residenziale aveva non solo imposto limiti all’accumulazione di capitale speculativo e aveva rafforzato il potere della classe lavoratrice nel mercato del lavoro, ma aveva anche costruito un prezioso patrimonio di case e terreni che era escluso in vario grado dal mercato ma con il potenziale per la sua inclusione in esso a condizioni molto redditizie. E’ per questo che le privatizzazioni sono state alla testa dell’attacco neoliberista alla casa, aprendo preziosi patrimoni di residenze pubbliche e di case affittate a canone sociale a nuovi proprietari privati, che si trattasse di ex inquilini, di cosiddetti proprietari sociali “filantropici” o di società a fini di lucro e chiudendo alternative accessibili e sicure al mercato. Le privatizzazioni hanno anche consentito al capitale finanziario di conquistarsi un accesso più redditizio alle rendite terriere in precedenza bloccato nell’ambito del vecchio modello collettivista di finanza residenziale. I cosiddetti piani di ‘riqualificazione’ – normalmente attraverso associazioni pubblico-privato – sono stati utilizzati come macchine sofisticate di accaparramento di terreni, allettando o forzando popolazioni a basso reddito a trasferirsi nella periferia di grandi città sotto la maschera del rinnovamento urbano e scatenando le forze della gentrificazione e degli investimenti societari speculativi.

Essenziale per la finanziarizzazione del settore residenziale sono state la promozione politica e la lubrificazione finanziaria della proprietà della casa che sono state una caratteristica centrale della maggior parte delle società europee a partire dai primi anni ’90. La finanziarizzazione delle case ha generato grandi aumenti dei prezzi della casa dovunque, dal 1997 al 2008, ma è stata costruita su una contraddizione fondamentale con circuiti di capitale sempre più organizzati su investimenti e commercializzazione di debiti ipotecari e di prodotti derivati, che dipendevano dall’aumento dei prezzi dei beni e dai numeri crescenti di persone che assumevano livelli più elevati di debito personale per accedere alla casa. Sappiamo che cosa è successo dopo. La speculazione internazionale incontrollata nei mercati nazionali degli alloggi ha fatto scoppiare la crisi finanziaria globale del 2008 e la conseguente ondata di sfratti e riappropriazioni dettagliata in questo articolo. Ciò è stato la conseguenza inevitabile del progetto neoliberista di rimercificare e finanziarizzare la casa.

“Queste persone hanno bisogno di una casa”

Tuttavia, anziché rappresentare allora un punto di svolta contro il neoliberismo, il mondo post 2008 ha assistito all’accelerazione del progetto neoliberista sotto l’egida dell’austerità. Un importante fattore in paesi dell’Eurozona quali Portogallo, Irlanda, Grecia e Spagna è stato costituito dalle condizioni onerose e dai programmi imposti di aggiustamento strutturale nei salvataggi UE in reazione alle crisi bancaria e del debito sovrano a partire dal 2009. Stati in paesi relativamente meno colpiti, come la Gran Bretagna, hanno scelto nel frattempo di utilizzare la crisi del 2008 e il successivo aumento del debito pubblico come opportunità per completare il lavoro non finito della rivoluzione neoliberista avviata più di tre decenni fa. Il risultato è dovunque l’intensificazione delle politiche di privatizzazione della casa parallelamente ai tagli allo stato sociale che stanno producendo un’accresciuta precarietà del lavoro, del reddito e di un tetto, rafforzando contemporaneamente il potere dei proprietari privati di scegliere e di sfrattare a piacere gli inquilini.

Ciò che ora è diverso riguardo ai panorami urbani d’Europa dopo la crisi finanziaria del 2008 è, comunque, la nascita di una nuova minaccia agli inquilini dall’esterno dello stato-nazione sotto forma di attori finanziari globali che perlustrano il pianeta in cerca di opportunità redditizie. Vi sono inclusi “locatori societari globali”, principalmente società di capitale di rischio come Blackstone e Goldman Sachs che agiscono come capitali avvoltoio per accumulare ricchezza dall’espropriazione urbana di centinaia di migliaia di famiglie che perdono le loro case in seguito al mancato rimborso di mutui, i quali acquistano case pignorate e mutui ipotecari da banche in difficoltà.

L’idea che Wall Street sia ora padrona di casa di molte migliaia di inquilini, tra cui ex proprietari, in Spagna, suscita non solo un’ironia amara ma anche un grosso problema politico su come disciplinare e chiamare a rispondere società opache di capitale di rischio con sede a migliaia di miglia di distanza. La finanza globale si incarna anche negli investitori istituzionali e nei fondi di ricchezza sovrana che partecipano alle fiere immobiliari internazionali ed europee organizzate dal MIPIM in cerca di sfruttare quelli che Tom Slater ha definito “vuoti planetari di rendita”, acquistando, riqualificando e gentrificando case e terreni pubblici/sociali deprezzati da autorità locali e proprietari sociali indebitati.

Resistenza

Come sempre, la gente sta contrattaccando in modi innovativi ed eroici che ci indicano la direzione di una resistenza efficace che può anche generare modelli residenziali e relazioni sociali alternative basati sulla solidarietà, la dignità e il bisogno, non il profitto. L’emergere della Giornata Europea d’Azione contro il MIPIM e le continue Giornate d’Azione Globali contro la Blackstone sono sviluppo enormemente significativi nella creazione di reti e campagne organizzative transfrontaliere. Il lavoro della Piattaforma Popolare di Detroit, negli Stati Uniti, serve da ulteriore faro di speranza. Nell’ottobre del 2015 gli attivisti hanno raccolto la stupefacente cifra di 100.000 dollari in soli 10 giorni attraverso un appello internazionale al finanziamento collettivo e hanno acquistato 14 delle 8.000 case occupate di Detroit poste all’asta e le hanno messe permanentemente al sicuro in una Fiduciaria Fondiaria Comunitaria. Proprio come il capitale pensa e agisce globalmente per incassare localmente, l’azione di Detroit è stata concepita nel corso di una tavola rotonda internazionale di attivisti e ricercatori a Berlino, ispirata in parte dal modello solidale del movimento spagnolo per la casa, il PAH. Dimostra che l’ascesa delle espropriazioni urbane in Europa, per quanto potente, è resistibile quando la gente si unisce superando i confini.

L’articolo completo, appoggiato dalla Rosa Luxemburg Stiftung, è stato scritto da membri della Coalizione Europea d’Azione per il Diritto alla Casa e alla Città e vi si può accedere sul suo sito web

traduzione di Giuseppe Volpe

Tratto da:www.znetitaly.altervista.org

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