IL SILENZIO DELL’EUROPA

Thibaut Poirot, docente aggregato di storia, dottorando e incaricato di corso presso l’Università Parigi 1, Panthéon-Sorbonne

Silenzio, silenzio pesante e ossessionante dell’Unione europea da quando il 3 febbraio il corpo seviziato di Giulio Regeni è stato ritrovato in Egitto. Questo giovane ricercatore italiano, dottorando di economia presso l’università di Cambridge, scomparso il 25 gennaio, aveva molte tracce delle torture più atroci. Le circostanze molto misteriose che circondano la sua morte, i dubbi sull’identità dei torturatori hanno sollevato l’indignazione di molti accademici e ricercatori in tutto il mondo. Molti sono gli omaggi e molte sono le domande.

Ma, l’Europa cosa fa? Certo, le crisi diplomatiche  non mancano, l’attualità ne conta di nuove ogni giorno. Ma l’Italia sembra assai isolata, nel momento in cui le sue autorità politiche e diplomatiche chiedono tutta la verità all’Egitto. Mentre pesanti sospetti gravano sulla situazione dei diritti umani, cinque anni dopo la rivoluzione e la caduta del regime di Mubarak, la diplomazia sarebbe diventata indifferente verso la situazione del Paese più popoloso del mondo arabo? In passato, l’indifferenza verso gli assassinii avvenuti e rimasti irrisolti, gli omicidi senza colpevoli, i crimini passati sotto silenzio ha reso l’Europa incapace di cogliere nell’immediato le aspirazioni profonde delle primavere arabe.

Questa morte, tuttavia, ha qualcosa di terribile per una generazione che percorre il mondo, tenta di comprenderlo e studiarlo in tutta la sua complessità. Questa generazione europea che ha il volto di Giulio Regeni, cittadino italiano e ricercatore di un’università britannica, questa generazione per la quale un percorso si costruisce a livello continentale e mondiale, non ha il diritto di aspettarsi che l’Europa abbia un atteggiamento fermo sulla libertà di ricerca, di studiare con metodo e convinzione i problemi della nostra epoca?

Difesa delle libertà accademiche

Si possono discutere senza timore le voci grottesche seguite al dramma su un presunto affare di spionaggio, o una vicenda di costumi personali, di un “cattivo incontro”? Tutte le rivelazioni sulle circostanze della sua scomparsa, le sue ricerche sul campo sui sindacati indipendenti egiziani rendono più pressante un’unica domanda: Giulio Regeni è stato ucciso perché era un ricercatore? È questa semplice domanda che oggi la diplomazia europea deve porre al fianco dell’Italia.

Da molti secoli esiste una bella definizione per descrivere questo vasto spazio di scambi e di saperi sul continente europeo e non solo, quella della «Repubblica delle Lettere» e «Repubblica delle Scienze». Gli scambi intellettuali a un livello sempre più grande che permettano alla ricerca di avanzare sono la definizione stessa del progetto europeo. Discutere, dibattere, confrontare i metodi, rivelare e scoprire ambiti sconosciuti, decostruire le rappresentazioni, rileggere gli eventi e contestualizzare lo spazio, è ciò che molti giovani europei fanno e devono poter continuare a fare, senza paura, senza chiusure, senza ostacoli. Lo dobbiamo a Giulio Regeni, cittadino europeo, lo dobbiamo agli studenti che domani riprenderanno il cammino.

Speriamo che l’Europa si mobiliti e sia all’altezza delle reazioni degne e gravi della società civile in Italia e in Gran Bretagna. Speriamo che la Francia, se ancora crede nella difesa delle libertà accademiche e delle libertà in generale, sostenga l’Italia nella richiesta della verità completa alle autorità egiziane. Per questa ragione, la comunità accademica francese deve mobilitarsi, deve rivendicare insieme a tutti queste semplici parole: verità e giustizia.

 

Pubblicato da  Le Monde, il 17 febbraio 2016

http://www.lemonde.fr/idees/article/2016/02/17/l-europe-ne-doit-pas-rester-silencieuse-apres-le-meurtre-de-giulio-regeni-en-egypte_4866910_3232.html

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