SULLA VERTENZA EX LUCCHINI

Riceviamo e pubblichiamo questo comunicato stampa sulla vertenza della Lucchini di Piombino
Tratto da www.sindacatounaltracosa.org

Chi oggi esulta per il risultato del referendum alla Lucchini sa fin troppo
bene che l’esito era fin troppo scontato. Infatti nonostante una crisi
che dura da sette anni, non è mai stata presa in considerazione, da parte
del Governo e del sindacato, una ristrutturazione e rilancio
complessivo del comparto siderurgico , comparto strategico, a livello
nazionale con un programma a sostegno dell’occupazione e rilancio
industriale. Questo ha portato alla fine, anche a Piombino, a non
creare alternative ma ad arrivare a scelte ultimative di “prendere o
lasciare”. Dove ogni realtà produttiva del nostro Paese è in
competizione con l’altra è si teme che” uno schiacci l’altro”.

Invece un progetto nazionale condiviso permetterebbe maggiore
ricerca della qualità , unico sbocco per competere nel mercato
internazionale.

L’esito del referendum è stato condizionato anche dai seguenti
elementi :

1. il testo dell’accordo non è stato diffuso, come ammesso anche dai
coordinatori metalmeccanici nazionali durante l’assemblea;

2. chi ha partecipato non è stato sufficientemente informato sui contenuti,
mentre questo avrebbe invece meritato un approfondimento, visto che andrà
a cambiare la nostra vita e quella delle generazioni future;

3. non e’ stato detto chi rimarrà in amministrazione straordinaria
usufruendo non più della solidarietà ma solo della cigs a zero ore.

4. Ai lavoratori delle ditte dell’indotto, non è stato consentito di
partecipare al voto.

Se tutte queste cose fossero state rispettate l’esito del referendum, probabilmente, sarebbe stato diverso.

Proprio perché siamo stati condotti ad un punto di non ritorno 800 persone
hanno scelto di non votare e 115 hanno deciso di votare no.

Accettando la moratoria (cioè la sospensione di qualsiasi tipo di
contrattazione di secondo livello con l”Azienda) nella realtà dei
fatti il sindacato ha deciso di abbandonare i lavoratori e non solo per
tre anni e neanche fino a quando riprenderà la produzione di acciaio, ma
fino a quando l’azienda produrrà utili; il che ci auspichiamo
avvenga molto presto, ma certo rende molto più fragile l’obiettivo.
Il sindacato ha scelto di lasciare mano libera all’Azienda per la
scelta dei lavoratori che saranno subito riassunti rispetto a coloro che
saranno collocati in amministrazione straordinaria. L’Azienda potrà
fare così scelte “insindacabili ”.

Il “modello Piombino” che oggi viene cosi tanto decantato, nei
fatti è un salto “all’indietro” di qualità nelle relazioni industriali è
un precedente pericoloso per noi e per tutte le realtà di crisi italiana .

Sulla moratoria la soluzione adottata per non far perdere la faccia al
sindacato nazionale, contrario alla moratoria stessa, è stata di
sottoscrivere due accordi distinti uno per il sindacato territoriale e
l’acquirente (quello appunto Sulla moratoria) e l’altro l’accordo difensivo

principale sottoscritto dal sindacato nazionale e
territoriale e l’acquirente, come se questa “genialata”
mettesse al riparo altri territori dal ripetere il “modello
Piombino” o modello Giuditta per dirla alla Benigni.

Inoltre, per chiarezza, informiamo tutti i lavoratori, che il Dlgs
n.270 del 8 luglio 1999, ai sensi del quale è stato sottoscritto
l’accordo, recita all’ articolo 63 comma 2 “ai fini della vendita di
aziende o rami di aziende in esercizio, l’acquirente deve obbligarsi a
proseguire per almeno un biennio le attività imprenditoriali e a mantenere
i livelli occupazionali stabiliti all’ atto della vendita“, infatti in
data 02.12.14 è stato sottoscritto il contratto preliminare di vendita e
l’acquirente si è impegnato per un biennio, di fatto tutti i lavoratori
potrebbero essere dei precari.

Speriamo e ci auguriamo che gli accordi sottoscritti tra le parti siano
rispettati . Di questo siamo preoccupati soprattutto perché, anche nel
verbale di accordo, non ci sono garanzie, vincoli o penalità. In pratica
se la nuova proprietà non realizzasse completamente il piano industriale
non avremmo nessuno strumento per difenderci.

Inoltre non è chiaro se le persone che saranno assunte andranno a lavorare
o andranno in solidarietà nel momento in cui rientreranno a lavoro .

Non c’è garanzia che si torni a lavoro, data anche la sfasatura della
promessa di riassunzione a novembre 2016 e il crono programma che prevede
una parte degli investimenti nel 2019. Cioè si potrebbe correre il rischio
di continuare a fare cigs anche una volta riassunti .
Per i lavoratori delle ditte dell’indotto, non solo sono stati esclusi
dalle decisioni, ma ad oggi non è stato preso nessun accordo preciso e
neanche un accenno del loro eventuale futuro.

Secondo nostri calcoli sulla retribuzione , di un lavoratore di livello 5
con anzianità di servizio aziendale di 18 anni, questo accordo porta ad
una perdita di 600 euro l’anno circa lordi di retribuzione
complessiva e, siccome altre stime sicuramente saranno state fatte,
vorremmo che chi mette in dubbio i nostri conteggi faccia smentite
circostanziate.

Le istituzioni e i sindacati si prendono l’intera responsabilità del
percorso che è stato scelto, della situazione senza alternativa a cui
siamo arrivati e delle conclusioni che andranno a verificarsi. Dovranno
vigilare ed operare per il rispetto delle promesse di Cevital. Le
verifiche del rispetto degli impegni, quelle sindacali, dovranno essere
condivise e ci dovrà essere il coinvolgimento di tutti: i lavoratori in
fabbrica e anche fuori di essa.

Dal canto nostro continueremo a manifestare la nostra opinione, pur essendo
pienamente consapevoli di essere una minoranza e ci batteremo per
recuperare il lavoro, la dignità ed i diritti dei lavoratori.

Per i lavoratori che volessero contattarci

tel. 3341474905 / 0565-777409

Gruppo Minoranza Sindacale

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