DAL SUD AFRICA AL BRASILE

All’inizio del mese di febbraio 2014 tutti i giornali più importanti del paese hanno annunciato che la Presidente dalla Repubblica, Dilma Rousseff (Partito dei lavoratori), preoccupata per il rischio di proteste durante la Coppa del mondo del mese di giugno (e per tutte le conseguenze che ne deriverebbero per le elezioni di ottobre in Brasile) stava preparando una campagna per cercare di convincere la popolazione dei benefici che comporterà per il Brasile la Coppa del mondo di calcio.Tuttavia appare poco probabile che la campagna adotti come strategia di limitarsi a seguire l’esempio del Sudafrica, il paese che ha accolto lo stesso evento quattro anni fa, dall’11 giugno all’11 luglio 2010.

Il sindacalista sudafricano Eddie Cottle, direttore delle politiche e delle campagne per l’Africa ed il Medio Oriente presso l’Internazionale dei Lavoratori dell’Edilizia e del Legno – BWI, Building and Wood Worker’s International [1] -, afferma che, contrariamente a quanto era stato promesso prima dello svolgimento di quell’evento, per il paese africano la Coppa del mondo è stata un disastro, ha provocato perdite fenomenali di soldi pubblici, sfruttamento estremo dei lavoratori ed aumento delle disuguaglianze sociali.

Durante questo colloquio, Eddie descrive le reali conseguenze che la Coppa del 2010 ha provocato sui Sudafricani, descritte anche nel suo libro South Africa’s World Cup: a Legacy for Whom? (La Coppa del mondo in Sudafrica: un’eredità per chi? – University of KwaZulu Natal Press, settembre 2011).

Intervista a Eddie Cottle a cura di André Antunes

Il concetto di “eredità” viene utilizzato spesso per giustificare gli investimenti in infrastrutture colossali nelle città che ospitano la Coppa del Mondo. Che tipo di eredità ha lasciato la Coppa 2011 al Sudafrica?

Quando il termine “eredità” viene utilizzato dal Comitato per gli appalti (dei lavori), dalla FIFA, dal Comitato organizzativo locale (COL, Brasiliano) e dai Comitati regionali, dalle autorità governative e dai tink tanks economici tradizionali, è sempre sottinteso che esso rappresenti qualcosa di totalmente positivo, come se i benefici della crescita economica e la riorganizzazione urbana fossero direttamente andate a favore delle comunità. Sono menzogne colossali, incartate nella solita retorica sullo sviluppo.

Il documento che contiene la proposta del Sudafrica per accogliere la Coppa, un documento segreto, finanziato da alcune multinazionali con interessi diretti nel campionato, conteneva calcoli errati basati su delle cosiddette guess-estimates (una specie di stima approssimativa, molto vicina all’arte divinatoria), che non hanno alcuna necessità di contenere i costi ed ancor meno i redditi per lo Stato e per la società.

La stima iniziale dei costi si elevava a 2,3 miliardi di rand [la moneta sudafricana; ad inizio gennaio 2010, 1 euro equivaleva a 10,8 rand] a carico del governo sudafricano, in gran parte per finanziare gli stadi e le infrastrutture necessarie. Allo stesso tempo si prevedeva che il Sudafrica avrebbe ricevuto una somma di 7,2 miliardi di rand, somma corrispondente alle entrate legate all’evento. Tuttavia, già nel 2010, si stimava che il costo effettivo (che probabilmente sarebbe stato ancor più elevato) per il governo sudafricano sarebbe stato di 39,3 miliardi di rand, cioè con un aumento del 1’709% rispetto alle stime iniziali, una perdita finanziaria enorme per il paese.

Dopo la Coppa, è subentrato un silenzio totale sul problema delle entrate fiscali del governo. Ad eccezione dei South African Revenue Services [Uffici federali delle entrate] che affermarono che in realtà la Coppa del Mondo non era mai stata concepita come un’occasione per raccogliere entrate. Il governo sudafricano non è stato altro che un garante per l’accumulazione di capitali, a beneficio della FIFA e dei suoi partner commerciali. Alla fine dei conti, la FIFA ne è uscita con un beneficio di 3,4 miliardi di dollari, non soggetti a tassazione: il maggior utile di tutta la storia della Coppa del mondo. Per il Sudafrica, invece, ospitare la Coppa del mondo ha rappresentato una perdita finanziaria enorme.

 

E per le imprese di costruzione implicate nei lavori della Coppa?

Nonostante la crisi economica mondiale del 2008-2009, le cinque più grandi imprese del settore della costruzione hanno beneficiato più di altre dei progetti per le infrastrutture per la Coppa e, tra il 2005 e il 2009 hanno realizzato in media un utile annuo del 100%, dopo aver subito perdite sostanziali fino al 2004. Dal 2014, la remunerazione media degli amministratori delegati di queste imprese(CEO) è aumentata di più del 200%. Lo scarto salariale nel settore della costruzione è passato da 166 punti nel 2004 a 285 nel 2009. Queste cifre sono relative la numero di anni di lavoro necessari ad un operaio per ricevere ciò che, in media, ognuno di questi direttori porta a casa ogni anno. La Coppa del mondo ha contribuito all’aumento della disuguaglianza nella società sudafricana.

 

Che impatto ha avuto sulla creazione di posti di lavoro nel paese?

Con un tasso di disoccupazione ufficiale del 24%, per produrre lo spettacolo sportivo il mercato del lavoro ha assorbito un grande esercito di riserva (disoccupati, lavoratori informali, indipendenti ed immigrati compresi), lavoratori che sono stati poi licenziati la sera dell’inizio del campionato, contribuendo così ad una perdita complessiva di 627’000 posti di lavoro nell’economica generale del paese.
Nel settore del turismo e delle aziende che vi lavorano, si è verificata una crescita del loro contributo al PIL (prodotto interno lordo) nei periodi che hanno preceduto e seguito la Coppa del mondo. Questo contributo è aumentato da 67,1 milioni di rand nel 2008 a 84,3 milioni di rand nel 2011. Ma se paragoniamo il numero di persone impiegate direttamente nel settore del turismo prima della Coppa ( erano 606’934 lavoratori nel 2008) con gli anni 2009, 2010 e 2011, constatiamo invece che i livelli occupazionali sono diminuiti (anche nei mesi della Coppa), nonostante l’aumento degli investimenti. Rispetto al 2008, nel settore turistico vi erano 52’944 lavoratori in meno nel 2009, 39’556 in meno nel 2010 e 8’502 in meno nel 2011. Questi dati dimostrano in modo chiaro che l’effetto moltiplicatore sull’occupazione, previsto da Grant Thornton (un think tank economico internazionale con sede a Chicago), non si è verificato poiché i maggiori investimenti non hanno aumentato ma diminuito i posti di lavoro. Il che ci fa giungere ad un’altra conclusione: e cioè che nel turismo vi è stato un aumento del tasso di sfruttamento dei lavoratori e che essi hanno dovuto lavorare un maggior numero di ore e/o a ritmi più intensi, visto il maggior flusso di turisti che in quel periodo hanno soggiornato in Sudafrica.

La Coppa del mondo è di fatto un eufemismo per quel che ho chiamato “il complesso di accumulazione sportiva della FIFA”, un’organizzazione che dirige lo sfruttamento delle nazioni che ospitano i mondiali e dei loro lavoratori. La FIFA [con il suo presidente, lo Svizzero Sepp Blatter] è a capo di una classe commerciale mondializzata che esercita forti pressioni sui “produttori in subappalto” degli eventi, che a loro volta esercitano un massiccio attacco salariale contro i lavoratori.
Per citare che un solo esempio, ricordo che Zakumi, la mascotte della Coppa del Sudafrica, è stata prodotta da operai cinesi che lavorano 13 ore consecutive per un salario di soli 3 dollari al giorno.

 

In Brasile ci sono stati molti scioperi durante la costruzione degli stadi per la Coppa del mondo. È successo anche in Sudafrica?

Il primo sciopero segnalato in una costruzione della Coppa del mondo è iniziato sul cantiere dello stadio Green Point, il 27 agosto 2007. Ne è seguita un’ondata di scioperi che ha portato ad accordi con i padroni di tutto il paese. L’ 8 luglio 2009, 70’000 lavoratori nel settore dell’edilizia civile hanno iniziato uno sciopero nazionale di una settimana, un avvenimento senza precedenti, significativo per molti aspetti. Non è stato il primo sciopero nazionale dei lavoratori dell’edilizia sui cantieri della Coppa del mondo, ma in quell’occasione si è creata un’unità tra lavoratori e sindacati di un settore composto da diversi sindacati concorrenti che appartengono a tre federazioni con diversi riferimenti ideologici. In quel periodo 27’731 nuovi iscritti hanno aderito ai sindacati e tra il 2006 e il 2009 il tasso di sindacalizzazione è aumento del 39,4%.

In Brasile, dal febbraio 2011 all’aprile 2013, vi sono stati 25 scioperi, che hanno coinvolto circa 30’000 lavoratori nei cantieri per gli stadi della Coppa del mondo. In generale, l’ondata di scioperi ha avuto successo perché ha permesso il miglioramento dei salari e delle condizioni di lavoro per i lavoratori della costruzione civile in Brasile e rafforzato la fiducia nell’azione sindacale. Queste conquiste, con qualche differenza nei diversi settori, hanno significato un aumento del 30-70% dei buoni pasto, del 60-80% del salario per le ore straordinarie infrasettimanali e del 100% per quelle del fine settimana, contributi per i trasporti, un’assicurazione sanitaria e altre varie indennità. Questi scioperi non hanno avuto luogo solo sui cantieri della Coppa del mondo, ma hanno trascinato il resto del settore edilizio. A livello nazionale, si calcola che nel 2012 più di 50’000 lavoratori siano scesi in sciopero per ottenere migliori condizioni di lavoro sui cantieri.

Ma a causa del ritardo dei progetti per la Coppa del mondo, le imprese stanno facendo sempre maggior pressione sui lavoratori perché accelerino la produzione e la consegna dei lavori. Già si contano molti incidenti mortali (in totale sette: due morti a Saõ Paulo, uno a Brasilia e quattro a Manaus). Un maggior tasso di sfruttamento, causato da più intensi ritmi di lavoro e di produttività, così come l’aumento delle ore straordinarie, significa che i lavoratori dovranno subire turni sempre più serrati per la consegna delle infrastrutture (stadi, trasporti,ecc.) e non riceveranno una remunerazione completa perché vi sarà una riduzione del periodo occupazionale.
Le imprese, invece, raccoglieranno i benefici sulla base del del valore totale del progetto realizzato a prezzi gonfiati, anche se il tempo necessario alla realizzazione dell’infrastruttura sarà stato più breve. In Brasile, come in Sudafrica, l’effetto moltiplicatore dell’investimento (più lavoro e ridistribuzione della ricchezza) non esiste per nulla, per la semplice ragione che l’enorme iniezione supplementare di fondi pubblici viene assorbita da un’accumulazione privata distruttiva.

 

In che stato sono oggi gli stadi che sono stati costruiti per la Coppa del mondo in Sudafrica?

Come previsto, nessuno degli stadi della Coppa del mondo è oggi redditizio. Ciò significa che per gestirli, gli amministratori hanno sollecitato un aumento supplementare delle imposte comunali e delle risorse pubbliche. Vi sono quindi meno risorse disponibili per il settore sociale. E’ un problema al quale il Brasile dovrà far fronte molto presto. Questo problema è stato discusso a lungo nei media e in Parlamento, ma la questione della demolizione di alcuni di questa stadi è stata evitata, poiché rappresenterebbe una sconfitta politica per il Congresso Nazionale Africano (ANC), il partito al potere in Sudafrica, anche tenendo conto della scadenza elettorale presidenziale del 7 maggio 2014 (e quella brasiliana in ottobre 2014).

 

Il governo sudafricano ha aperto un’inchiesta sulla formazione di cartelli tra imprese della costruzione implicate nei cantieri della Coppa del 2010. Qual è il risultato di queste inchieste?

E’ evidente che il settore della costruzione ha una tendenza pressoché naturale a formare cartelli [accordi sul prezzo]. Anche il rapporto del 2008 del Forum sulla concorrenza dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) dell’Edilizia è giunto a questa conclusione. Tra i 19 paesi inclusi in questa tavola rotonda dell’OCSE, il Sudafrica ha presentato il suo rapporto su aumenti enormi del costo degli stadi della Coppa 2010, in un periodo dove vi erano già sospetti di aumenti fraudolenti. Il 17 luglio 2013, davanti al tribunale della Commissione della concorrenza del Sudafrica è stata presentata una stima secondo quale le imprese di costruzione avevano ottenuto “benefici indotti” per 476 milioni di dollari grazie ai cantieri per la Coppa del mondo del 2010 ed altri progetti. Hanno ricevuto multe per un totale di 152 milioni di dollari. Le imprese che non rispetteranno questi accordi rischiano ora la denuncia penale.

 

Sapete se in Brasile esistono le basi per l’apertura di inchieste sulla formazione di cartelli da parte di imprese di costruzione per i lavori relativi alla Coppa 2014?

Gli aumenti enormi dei costi rispetto ai preventivi iniziali sono un chiaro indizio della presenza di cartelli. La fonte più affidabile per le stime dei costi iniziali di ogni stadio sarebbe il documento attraverso il quale è stata presentata la candidatura del Brasile, che tuttavia non è mai stato reso pubblico.
Tra il momento in cui il documento di candidatura è stato sottoposto alla FIFA (il 31 luglio 2007) e quello in cui la FIFA ha realizzato la sua visita di ispezione (il 23 agosto 2007) è ragionevole supporre che la somma di 1,1 miliardo di dollari (per l’insieme degli stadi) che figura in questo rapporto corrisponda alle cifre originali che figurano nel documento di candidatura.
Il rapporto di ispezione della FIFA del 2007 ha però sottovalutato di molto il costo degli stadi della Coppa del mondo in Brasile, che è aumentato del 327% fino al 2013, anno in cui ha raggiunto i 3,6 miliardi di dollari.
Dal 2010 il costo degli stadi di Brasilia e di Rio de Janeiro è più che raddoppiato e ha raggiunto un totale di 1,3 miliardi di dollari. Solo questi due stadi per finire costano più del preventivo per tutti gli stadi previsto all’inizio! Al ritmo attuale di aumento dei costi è probabile che la Coppa del mondo in Brasile sarà la più cara della storia.
Vi sono ragioni più che sufficienti affinché il governo brasiliano apra un’inchiesta approfondita sulle operazioni di un cartello dell’edilizia: il rapporto del Forum mondiale dell’OCSE sulla concorrenza, le rivelazioni del rapporto della Commissione per la concorrenza del Sudafrica (redatto in particolare sulla Coppa del mondo della FIFA nel 2010) e l’aumento drammatico dei costi degli stadi in Brasile confrontati con il rapporto delle ispezioni della FIFA nel 2007.

 

Secondo la sua analisi, quali cambiamenti dovrebbero essere fatti affinché nella preparazione di grandi eventi come la Coppa del mondo non si creino problemi simili a quelli riscontrati in Sudafrica ed ora in Brasile?

La Coppa del mondo è il motore principale di un meccanismo di accumulazione capitalista nello sport. I problemi principali osservati nella preparazione sono tutti il risultato diretto della privatizzazione del gioco.
Un reale cambiamento potrà prodursi solo attraverso la costituzione di una piattaforma che permetta lo sviluppo di un modello pubblico oppure la nazionalizzazione del gioco a lungo termine.
A breve termine, la società civile deve creare delle alleanze e garantire che i lavoratori partecipino attivamente a queste lotte, perché è la loro forza lavoro che viene sfruttata e sono loro che subiscono il peso di condizioni di lavoro precarie e insicure.
Le lotte dei Brasiliani sono le benvenute, ma esigono livelli di coordinamento più elevati ed un’estensione ad altre forme di resistenza come il boicottaggio di certi prodotti o anche delle partite.

 

* intervista pubblicata sulla Revista Poli, N°22 di marzo/aprile 2014. La traduzione in italiano è stata curata dalla redazione di Solidarietà.

 

1) L’ex copresidente di Unia e dell’Unione syndacale svizzera (USS), Vasco Pedrina, è stato vice-presidente (per l’Europa) del BWI, fino al dicembre 2013. Rappresenta anche l’USS nella CES (Confederazione europea dei sindacati). Questo militante sindacale, con ideali internazionalisti legati ad un certo passato molto lontano, appoggerà sicuramente le iniziative di Conlutas e le altre legate alla Coppa del mondo di giugno 2014 in Brasile. Speriamo anche che metterà il suo prestigio a disposizione di queste mobilitazioni di lavoratori e lavoratrici brasiliani/e che stanno ancora costruendo gli stadi in condizioni che denunciano costantemente – ed anche delle loro manifestazioni solidali e simboliche in Svizzera. (red.)

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